L’intervista che segue, è con Giampiero Lupo frontman del gruppo Le Mosche. Giampiero è voce, chitarra ed autore di tutti i brani dell’album “Boa Viagem Capitão“. Gli altri compenenti del gruppo sono: Mirco Mungari al clarinetto, saz, bouzouki, oud, tamburi a cornice e friscaletto, Giovanna Merico al sax soprano, sax contralto e percussioni, Lorenzo Mattei al basso e darbuka.
Cosa vi ha spinto a fare musica?
Ci spinge soprattutto una grande passione, anche se devo ammettere che quando ero piccolo ho iniziato a suonare la chitarra per piacere alle ragazze. A parte gli scherzi, tutti i componenti del gruppo sono motivati da un grande amore per la musica come forma di espressione artistica.
Come definireste l’esperienza di questo primo disco?
E’ un’esperienza che ha richiesto un grande sforzo da parte di tutti i componenti del gruppo, ma che ci ha fatto crescere moltissimo.
Soprattutto avendo partecipato attivamente a tutte le fasi, dalla registrazione alla masterizzazione, alla produzione del disco ed al design dell’art-work, abbiamo potuto da una parte accrescere le nostre conoscenze nell’ambito della produzione musicale, dall’altro controllare il processo creativo in ogni suo aspetto ed arrivare al risultato che volevamo.
Raggiungere un proprio stile e identità, quanto è importante per un musicista?
Credo sia fondamentale. E’ una qualità che si raggiunge attraverso un lungo processo di crescita artistica. E non è qualcosa, come spesso avviene nella musica leggera italiana, che si costruisce a tavolino, pena diventare delle comete che appaiono per una stagione e poi scompaiono al cambio dei gusti e delle mode.
In questo, la nostra lunga esperienza come gruppo, ma anche il fatto che proveniamo tutti e quattro da diversi contesti musicali ci ha aiutato moltissimo.
Il jazz è musica popolare o per pochi “eletti”?
Premetto che ritengo il jazz un termine che abbraccia ad oggi stili musicali così diversi da essere difficilmente definibile. Nasce come musica popolare, ed ancora oggi soprattutto nel jazz classico, mantiene quelle sonorità tipiche che sono il risultato dell’incontro tra la musica tradizionale afro-americana e la musica di derivazione europea. Tuttavia, se oggi spesso si ritiene il jazz una musica per pochi eletti, è in realtà un problema dell’ascoltatore, poco abituato all’ascolto di una musica più complessa e maggiormente “pensata”.
Purtroppo l’educazione musicale, soprattutto in Italia, è spesso tralasciata e questo fa si che la musica di maggior successo sia spesso di scarsa qualità.
Quello che adoro del jazz in tutte le sue diverse varianti, è l’approccio alla composizione musicale: un approccio intelligente che non si ferma alla comodità della musica monotonale, ma che cerca sempre nuove soluzioni per arricchire l’estetica musicale.
Per attraversare il mare, scegliereste un barcone o un yacht?
A me personalmente piace attraversare il mare a nuoto. Se però devo cogliere in questa domanda una sorta di metafora, direi che sceglierei il barcone, ritenendo lo yacht un mezzo per pochi eletti. Il barcone di oggi è sinonimo di eroismo, rappresenta il mezzo di chi lascia la propria casa per sfuggire alla guerra ed alla fame e che spesso trova al proprio arrivo l’ulteriore incubo dell’esclusione e del razzismo. Per questo, nel mio piccolo, da emigrante mi sento molto vicino a chi per sopravvivere è costretto ad utilizzare questo mezzo per attraversare il mare.
Speranze, sogni e progetti futuri?
Il nostro sogno non è quello di arricchirci facendo musica, ma semplicemente di avere le risorse adeguate per continuare a fare musica. Pertanto, più praticamente, faremo del nostro primo disco il punto di partenza di una nuova avventura che ci porterà a promuovere il nostro lavoro in tutta Italia e speriamo anche all’estero. Inoltre, metteremo a frutto questa esperienza per partire con la composizione di nuove canzoni da inserire nel nostro prossimo disco.