La mattina del 10 maggio del 1996 , due spedizioni turistiche si accingono ad arrivare sulla vetta dell’Everest.Una tempesta di neve li colpisce nella strada per il ritorno e per i due gruppi di scalatori sarà una lotta per la sopravvivenza contro la furia primigenia degli elementi naturali.
Non tutti ce la faranno.
Non ho mai scalato neanche una collinetta ma devo dire che questi film d’avventura girati ad altezze proibitive a prova di vertigini mi hanno sempre attirato, così come i film ambientati in scenari montuosi aspri ed inospitali.
E poi vuoi mettere l’epica della lotta del piccolo uomo contro il gigantismo della furia della natura?
Il raggiungere ed oltrepassare i propri limiti?
L’interesse che scaturisce dall’apprendere che comunque quella che ci apprestiamo a vedere è una storia sostanzialmente vera che , finito il film, andremo a rileggere avidamente su Wikipedia o cose del genere?
Ecco, nelle mie aspettative, alte devo ammettere, Everest doveva contenere tutto questo e anche di più.
E invece , come mi succede di sovente negli ultimi tempi, tutte queste aspettative vanno in gran parte deluse.
Intendiamoci Everest è il perfetto blockbuster hollywoodiano fabbricato in serie , confezionato con grande professionalità e con una storia ” giusta” per un’audience in vena di emozioni forti.
Oddio, blockbuster perfetto forse no visto che non ha incassato moltissimo e quindi evidentemente c’era qualcosa nel film che non gli ha permesso di sfondare come avrebbe dovuto.
Il mio modesto parere è che al film manca proprio l’ingrediente principale; l’epica del racconto, gli manca quella grinta che gli avrebbe permesso di essere molto più intenso e vibrante, difetta di personalità risultando piatto nella descrizione dei protagonisti e nel procedere di un racconto che avrebbe dovuto suscitare veri e propri fiotti di emozioni.
Per dirla in una parola sola, vocabolo che a Napoli conoscono piuttosto bene, gli manca la cazzimma, quello scatto in avanti che gli permetta di primeggiare e non di essere un film tra tanti , come tanti, anzi anche peggio di tanti.
E poi vedere la tanto favoleggiata, mitica cima dell’Everest che si riduce ad essere una specie di pianerottolo con tante belle bandierine, beh, viene smontata in due secondi tutta quella aura tra sogno e mito che la succitata cima si era creata in tanti anni di incontri, non reciproci, sui libri di scuola.
Si arriva anche a sfiorare il paradosso quando in un film come questo si vede poca montagna e troppo impianto strappalacrime ( il professorino che deve piantare la bandierina a tutti i costi per la sua scuola, un paio di mogli lasciate a casa in trepidante attesa, qualche scontro sparso tra maschi alfa ad alta quota che si mettono a fare a cornate come gli stambecchi e fanno a gara a chi ce l’ha più lungo il curriculum di alpinista , o si dovrebbe dire everestista , solo per avere un diritto di precedenza nella scalata).
E se l’emozione non è assicurata dalla scalata ( inquadrata o troppo da vicino o con campi lunghissimi finti come una banconota da tre euro) ma solo dall’interazione e dalle dinamiche di personaggi come minimo stereotipati, beh, allora siamo messi male, malissimo.
Baltasar Kormakur si rivela essere l’ennesimo talento registico europeo cooptato in quel di Hollywood e appiattito in nome del dio dollaro.
Jason Clarke come protagonista non ha statura sufficiente, almeno per quanto mi riguarda.
PERCHE’ SI : i 55 milioni di budget si vedono, bene o male.Buon cast di supporto, quel poco di montagna che si vede riempie l’occhio.
PERCHE’ NO : blockbuster fabbricato in serie che difetta di personalità, Jason Clarke non ha la statura da protagonista, si vede troppa soap opera e poca montagna.
LA SEQUENZA : l’arrivo della tempesta con brevissimo preavviso.
DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :
Mai avere aspettative troppo alte per un blockbuster.
Non mi sarebbe dispiaciuto vedere molta più montagna.
Mi sono appassionato molto più alla storia vera letta su internet che al film.
Jason Clarke non mi dice assolutamente nulla.