Il castello degli orrori

Polonia, 1600. Uno scenario lugubre: il castello si erge su un colle e domina gettando ombra sulla pianura circostante. Porte e finestre sempre chiuse, pochi gli incauti che per curiosità o per sfida si avventurano lungo quella strada che quasi sempre non ammette ritorno. Vi abita la nobile famiglia di Bathory: nobile ma ormai decaduta visto che si distingue non più per il suo fregio regale ma perché nell’albero genealogico si contano stupratori, alcolizzati, epilettici, satanisti, omosessuali. Un patrimonio genetico maledetto che pesa come un macigno sulla graziosa contessina Elisabetta Bathory, ultimogenita figlia di un aristocratico e della sorella del re di Polonia. La sua candida bellezza deve necessariamente fare i conti con la raccapricciante storia della famiglia. Viene così fin da adolescente introdotta ai culti satanici, ai piaceri della tortura: star bene solo quando gli altri soffrono. Si fa largo in lei e cresce il morbo del “maligno”, il sadico godimento nel soffrire e nel procurare dolore fisico fino ad uccidere e banchettare con la morte altrui. Nulla da più gioia alla giovane, se non la soddisfazione della sua perversione sempre e comunque. Nonostante tutto viene presa in sposa dal conte Ferenc Nadasdy, che a conoscenza delle turbe sadiche che tormentano la contessina si ripromette di imbrigliare la sua follia omicida. Ci riesce, Elisabeth sembra anzi essere rinsavita completamente; ha posto fine a quella sequela di morti assurde. Ma la scomparsa di Ferenc riaccende le fiamme dell’inferno che in realtà erano solo sopite; la rabbia e la noia della solita vita di mondana tornano ad avere il sopravvento, e l’unico modo per star bene per gustare la gioia è far male, soffrire, concedersi ad ogni genere di perversione, dalle orge alla tortura, fino a quelle più estreme: uccidere. Le vittime vengono gettate nella foresta, in pasto ai lupi per cancellare ogni traccia di quello scempio. Nel 1607 i morti non si contano ormai più: centinaia e centinaia di cadaveri dietro la pazzia della bella Elisabeth. Due anni dopo però la giovane contessa commette un imperdonabile errore: tra le sue prede sceglie una ragazza particolarmente graziosa, senza rendersi conto della sua appartenenza alla nobiltà polacca. La notizia della scomparsa mette subito in moto la macchina investigativa. Il 26 Dicembre 1610, durante un’ispezione notturna Elisabeth viene sorpresa nelle segrete del castello mentre è impegnata con i suoi servitori in un orgia sanguinosa di tortura e perversione. E’ la fine di un lungo incubo. Il tribunale presieduto dal giudice Teodosius Syrmensis le imputerà circa 80 omicidi, anche se gli storici contano circa 600 morti. Viene rinchiusa a vita in una celletta del castello Cyethiè: porte e finestre sono murate, lasciando solo una piccola apertura per il passaggio di aria e cibo. Il 21 Agosto 1614 Elisabetta viene trovata morta di stenti nella sua prigione.

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