D’inverno le gelate, di primavera le alluvioni, d’estate la siccità, d’autunno le pestilenze. Gli intervalli li riempiva la guerra. C’era da pregare, perché per quel catino padano che sembrava raccogliere l’andar male del mondo qualcuno inventasse una quinta stagione tranquilla.
(G. Pederiali, Il tesoro del bigatto, Rusconi Libri, Milano 1988, p. 65 e 66.)
Un posto dove stare è il sesto disco del cantautore mantovano Massimiliano Cranchi, realizzato grazie al sodalizio ormai decennale con l’amico Marco Degli Esposti.
Scritto e registrato in gran parte durante i periodi di lockdown, un viaggio statico alla ricerca di un locus amoenus.
Evocata Estia, Dea del focolare domestico, si viene catapultati in Plaza Dorrego, il “sogno” personificato in una donna che balla il tango.
Tomás Felipe Carlovich (La leggenda del Trinche) era un gran calciatore, regista di fantasia, lento ma di fiammate memorabili. Fu una partita contro l’Albiceleste in partenza per i mondiali del ’74 a farlo diventare leggenda. Credevano di giocare una partita facile facile, un allenamento, si sono trovati a supplicare il mister avversario di togliere quello sconosciuto con il numero 5.
Poi quel viaggio mai concluso verso Buenos Aires per un provino da professionista, finto a pescare sul fiume Paraná. Amava più giocare che allenarsi, amava più pescare che giocare… La verità rimarrà nascosta tra le vie di Rosario, nella polvere dei suoi prati bruciati dal sole e in quel fiume colore del Fernet infestato di Piranha che non volle mai abbandonare.
Conigli è la ricerca di un posto dove stare e di qualcuno da accudire, canzone al centro del disco, ispirata a Uomini e topi di John Steinbeck e mescolata ad alcuni ricordi d’infanzia.
Ne ho visti troppi come voi è un ponte musicale dalle atmosfere vagamente andine. Unisce simbolicamente Lenny e George, protagonisti di Uomini e Topi, ammoniti dal vecchio Candy, i migranti italiani in Sudamerica e le migliaia di vittime costrette ad attraversare il Mediterraneo.
In Nettuno ritroviamo l’attualità delle migrazioni mescolata ai pensieri di Billy Pilgrim (Mattatoio n. 5 – Kurt Vonnegut). “Un punto solo m’è maggior letargo/ che venticinque secoli a la ‘mpresa/ che fé Nettuno ammirar l’ombra d’Argo (Paradiso XXXIII v.94-96).
La casa di Borges è ispirata alla Casa di Asterione di Borges. Asterione è il Minotauro, il mostro. Per lui probabilmente i mostri siamo noi. Un gioco del doppio. Non riesce o non vuole uscire dal suo labirinto come i ragazzi affetti dalla Sindrome di Hikikomori: “Non esco mai di casa perché grande come il mondo e il mondo fa paura come cento mani aperte”. Anche il maestro Borges, dalla sua casa dorata, circondato solo da intellettuali salottieri non si accorse delle atrocità della dittatura argentina, molti anni dopo se ne ravvide e chiese scusa.
Dal Po alla Neretva il ponte sfida ieratico la corrente dei fiumi per unire, nascondere e proteggere. L’abbattimento dello Stari Most a Mostar, durante la Guerra dei Balcani, fu volontà di mortificare la comunità mussulmana.
Uova al tegamino/Giovedì due canzoni in una per i nonni, custodi dei nostri ricordi, dove spesso ci sentiamo a casa.
L’amore Ogni giorno perde il suo significato se non diventa un luogo di complicità ma solo una parola da scrivere su un muro o in una poesia.
Tra un concerto e l’altro Cranchi vive sul Po, a Felonica.
Disco ricco di collaborazioni, oltre a Massimiliano Cranchi e ai musicisti storici come Marco Degli Esposti (chitarre, synth e arrangiamenti), Simone Castaldelli (basso elettrico), Luca Zerbinati (pianoforte e tastiere), Fausto Negrelli (batteria), Federico Maio (batteria, tamburo a cornice e santur) e Massimiliano Dosoli (clarinetto), troviamo Antonio Stella (fisarmonica e chitarra), Nicola Govoni (contrabbasso), Matteo Paggi (tromba e trombone), Iris Arioli (flauto traverso), Simone Angiuli (violino), Sergio Marchesini (fisarmonica), Alessio Bettoli (cajon), Luca Vincenzi (chitarra acustica).
Link: http://www.cranchiband.it/ www.newmodellabel.com