Il tossicodipendente in crisi di astinenza che delinque puo’ essere processato. Lo stato di agitazione da cui e’ affetto chi riduce bruscamente la dose abituale, dice la Cassazione, “realizza una mera condizione di stato emotivo e passionale, non incidente sugli ambiti dell’intendere e del volere”.
Tutt’al piu’, rileva piazza Cavour, questa condizione e’ utilizzabile “in termini di graduazione del trattamento sanzionatorio”.
In questo modo, la Sesta sezione penale ha bocciato il ricorso presentato dalla difesa di un 45enne livornese, Nicola A., condannato a 10 mesi di reclusione (in primo grado gli erano stati inflitti 16 mesi) per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali in preda ad una crisi di astinenza. Una situazione di alterazione che per la difesa di Nicola A. determinava “disturbi gravi di personalita’” tali da decretare l’ infermita’ mentale. La Suprema Corte rileva che “difetta la prova di un disagio psichico capace di indurre una infermita’ di mente grandemente efficace sulla funzionalita’ dell’intendere e del volere”.
I disturbi della personalita’ (nevrosi e psicopatie), annota ancora la Suprema Corte, possono essere apprezzati con “conseguente pronuncia di totale o parziale nfermita’ di mente dell’imputato, a condizione che essi abbiano, riferiti alla capacita’ di intendere e di volere, consistenza e intensita’, intese come valore concreto e forte, rilevanza e gravita’ pesate come dimensione importante del disagio stabilizzato; rapporto motivante con il fatto commesso, apprezzato come correlazione psico-emotiva rispetto al fatto illecito”.
Diversamente la crisi di astinenza rende la persona processabil
fonte aduc