Le proroghe del trattenimento di un immigrato nei Cie vanno sempre sottoposti alla convalida di un giudice che deve essere vagliata alla luce di un’udienza camerale e dopo aver sentito l’extracomunitario, rispettando le garanzie di difesa. Lo sottolinea la Cassazione, accogliendo il ricorso di un cittadino ghanese che era stato trattenuto nel Cie di Ponte Galeria a Roma e che si era opposto al decreto di proroga di 30 giorni della sua permanenza nel Centro emesso dal giudice di pace su richiesta della Questura. La Suprema Corte (prima sezione civile, sentenza n.13767) ha cassato il decreto impugnato sulla base di una pronuncia con la quale la Corte Costituzionale, nel 2004, aveva dichiarato illegittima una norma contenuta nella legge Bossi-Fini, nella parte in cui non prevedeva che il giudizio di convalida dovesse svolgersi in contraddittorio prima dell’esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della difesa.
La convalida dell’autorita’ giudiziaria, aveva sottolineato la Consulta, “riguarda anche l’eventuale provvedimento di proroga del trattenimento, con possibilita’ di ricorso in Cassazione”.
Dunque, rilevano i giudici di piazza Cavour, “solo una manifestamente irragionevole interpretazione delle norme”, puo’ portare “ad escludere l’applicabilita’ del procedimento camerale di convalida in relazione alla richiesta di proroga del trattenimento”, istanza che “deve essere presentata prima della scadenza dell’originario termine” in modo da consentire “al giudice di pace di provvedere nelle 48 ore sentito l’interessato”.
fonte aduc