La Germania e, di recente, anche la Francia di Hollande sono dei “furbetti internazionali“, poiché si sono dotati di una banca pubblica che finanzia apparati industriali fondamentali per la crescita delle PMI dei loro Paesi, e allo stesso tempo truccano i bilanci statali per far apparire il debito pubblico meno elevato di quello degli altri Stati.
Partiamo prima con una premessa fondamentale. Come tutti sanno nell’Unione europea c’è la Banca Centrale Europea che ha l’obiettivo di gestire la politica monetaria (controllando la base monetaria o fissando i tassi di interesse a breve) e di controllare il tasso di inflazione. La banca centrale di ciascun paese europeo, detta anche BCN, Banca Centrale Nazionale, forma, insieme alla Banca centrale europea (BCE), il Sistema europeo delle banche centrali (SEBC).
Quanto all’indipendenza della BCE e e delle BCN dai governi nazionali essa è chiarita già citando alcuni articoli che si rivelano fondamentali nella politica monetaria della zona euro:
- l’art.105 del trattato di Maastricht, infatti, prevede che “la BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della Comunità.”;
- l’art.107 aggiunge che “nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti loro attribuiti… né la BCE, né una BCN, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli Stati membri, né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari, nonché i Governi degli Stati membri, si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle Banche centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti.” ;
- all’art.108 A.1, si legge che “ la decisione (della BCE, n.d.r.) è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati” (ossia noi cittadini europei).
Sembra essere un vero e proprio potere assoluto, in materia di politica monetaria, nelle mani della BCE che è un ente privato sovranazionale, espressione del totalitarismo della grande finanza.
Va ricordato che lo Stato per finanziare quindi la sua spesa pubblica (ossia garantire beni e servizi ai cittadini) NON è libero di stampare moneta, bensì è costretto a chiedere denaro in prestito alle banche: emette Titoli di Stato gravati di interesse che finiranno in pasto ai mercati finanziari ed in cambio riceve liquidità dalle banche. Questo meccanismo genera debito pubblico poiché, nonostante ci siano Stati che riescano ad ottenere degli avanzi di bilancio (entrate > uscite), accade che tale avanzo sia eroso dagli interessi che lo Stato sia costretto a pagare alle banche: parliamo di 80-100 miliardi di euro all’anno. Ovviamente se lo Stato provvedesse a realizzare un’emissione monetaria statale, senza passare per il circolo vizioso delle banche, vien da sé che non si genererebbe alcun debito, ma in virtù del diktat imposto da organizzazioni sovranazionali private (BCE-FMI-FED) tutto ciò non sarebbe praticabile.
Da questa premessa vorrei spostare la questione sulla crisi dei debiti pubblici che riguardano i Paesi membri Ue: perchè se l’euro riguarda tutti gli Stati membri ed il processo di emissione monetaria è lo stesso per tutti, allora abbiamo paesi come la Germania che fanno da locomotiva europea mentre gli altri, tra cui l’Italia, seguono arrancando? C’è qualcosa che non torna.
Ad una prima analisi si direbbe che tutto sia connesso agli interessi sul debito: siccome per i mercati finanziari l’Italia non è un paese affidabile visto la sua economia in recessione, ecco che lo Stato è costretto a concedere ai mercati degli interessi elevati su Bot e Btp pur di renderli “appetibili” alle voraci bocche degli speculatori finanziari. La leggenda che gli italiani abbiano vissuto al di sopra delle loro possibilità è appunto una leggenda ed è falsa, anche perché la spesa statale dagli anni ’80 si è rivelata inferiore a ciò che lo Stato ha incassato con le tasse e, quindi, risulterebbe che il debito sia aumentato solo per effetto della speculazione internazionale. In gran parte è così, ma non è questa l’unica vera ragione.
L’altra valida ragione è che mentre noi dichiariamo tutto in bilancio, un paese come la Germania, che pretende di darci lezioni di “economia virtuosa”, trucca, invece, i conti sul debito pubblico e gode di una banca “nazionale” interna (che opera parallelamente alla Bundesbank) che finanzia la sua economia e si chiama Kreditanstalt fuer Wiederaufbau (KfW), oggi ribattezzata KfW Bankengruppe.
La KfW è nata nell’immediato dopoguerra, definendosi una “banca della ricostruzione”, col compito di amministrare i fondi del piano Marshall. Essa è posseduta all’80% della Repubblica federale e al 20% dai Lander (ossia i 16 stati federati della Germania, sempre soggetti pubblici) e svolge molti compiti di finanziamento del settore pubblico e finanziando le piccole-medie imprese, sostenendo dei costi che restano al di fuori del perimetro del bilancio federale e che quindi non figurano nel debito pubblico tedesco. E’ una banca solida e non è un caso che il magazine “Global Finance” nella classifica annuale dei 50 istituti più sicuri del mondo abbia messo al primo posto proprio la KfW.
Dal punto di vista legislativo la KfW è disciplinata dalla “Legge sulla KfW” ed è soggetta alla supervisione congiunta del Ministero Federale Tedesco delle Finanze e del Ministero Federale Tedesco dell’Economia e della Tecnologia.
Attraverso la KfW, il Governo tedesco trasferisce tutta una serie di operazioni che altrimenti figurerebbero nei conti dello Stato per cifre enormi e farebbero schizzare il debito tedesco verso l’alto. Il patrimonio della KfW partì da una cifra di 1,4 miliardi di dollari del piano Marshall fino ad arrivare agli attuali 500 miliardi di euro al 2011 (per l’esattezza sono stati dichiarati in bilancio 494,8 miliardi – dati di bilancio 2011), gode inoltre di una tripla A dalle agenzie di rating (e ciò le permette una raccolta a prezzi bassissimi) e detiene alcune delle più importanti partecipazioni pubbliche, in particolare il 30% di Deutsche Post e il 17% di Deutsche Telekom.
Se quindi volessimo sommare tutti i prestiti fatti dalla KfW al settore pubblico tedesco nel 2011, ossia 436,7 miliardi di euro, cifra non conteggiata nel debito pubblico della Germania (pari a 2.076 miliardi nel 2011), allora secondo le regole del Trattato di Maastricht il vero debito tedesco dovrebbe essere di 2.512 miliardi di euro, quindi ben superiore del debito italiano che resta sotto la soglia dei 2.000 miliardi.
Di recente, il giochetto della banca nazionale “segreta” (che poi tanto segreta non è, ma lo diventa perchè nessuno ne parla qui da noi) che finanzia il settore pubblico è stato applicato di recente anche da Hollande, in Francia, creando la Banca Pubblica d’Investimento (BPI), nata dalla fusione di tre enti: la filiale “aziende” della Caisse des Dépôts; Oséo, una banca per le start up creata dal governo Fillon; l’Fsi, il Fondo strategico d’investimento.
La Bpi raggrupperà tutte le funzioni di questi tre organismi: finanzierà, inciterà alla creazione di nuovi progetti, proteggerà, interverrà direttamente nel capitale di certe aziende per aumentare i fondi propri. L’istituto finanziario è dotato di ingenti capitali pubblici e potrà aprirsi in futuro a operazioni sui mercati. I fondi a disposizione della BPI saranno di 20 miliardi di euro, mentre la capacità di intervento sarà di 40 miliardi di euro.
Quando ci decideremo a creare in Italia una “banca pubblica” sulla copia della Kfw tedesca e della BPI francese, affinché l’Italia non continui ad essere vittima dei mercati speculativi dei titoli di Stato e del diktat imposto dall’Ue sui vincoli del pareggio di bilancio? La nostra Cassa depositi e prestiti che potrebbe fungere per questo compito, ma mi sembra sia ancora strutturalmente lontana dall’esserlo, visto che dal 2003 è diventata una S.p.A., sempre più autonoma, svincolandola almeno in parte dai legami connessi alla forma di Ente pubblico, in cui il 30% del capitale sociale è in mano a fondazioni bancarie, quali su tutte “Fondazione Monte dei Paschi di Siena” e “Compagnia di San Paolo“. Dai dati ISTAT mi risulta che siamo in piena recessione economica, abbiamo i più elevati livelli europei di disoccupazione e tassazione, consumi bloccati e crescita economica nulla. Ancora non basta per darci una mossa come hanno già fatto tedeschi e francesi, o dobbiamo venderci anche il Colosseo e il Maschio Angioino per continuare a finanziare la spesa pubblica?
Salvatore Tamburro
Fonte: http://salvatoretamburro….
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