Le alluvioni per le forti piogge cadute negli ultimi giorni ai piedi dell’Himalaya in Nepal e in India, hanno già causato centinaia di morti e centinaia di migliaia di feriti. L’incidente potrebbe essere spiegato semplicemente come l’impotenza dell’uomo di fronte agli elementi se il problema non fosse aggravato dal fattore umano. L’attualità dimostra ancora una volta la necessità di un’azione coordinata da parte di tutti gli Stati della regione per creare un efficace sistema di utilizzo dell’acqua e prevenire simili catastrofi.
Il numero delle vittime martedì mattina per le inondazioni e le frane causate dal monsone ai piedi dell’Himalaya in Nepal e nello stato indiano di Uttar Pradesh, secondo alcune stime è di oltre 200 persone. Circa 400 mila persone sono rimaste isolate dal resto del mondo e molte sono rimaste senza casa. Problemi si sono riscontrati anche negli altri Stati del nord e nord-est dell’India. Boris Volkhonskij, esperto dell’Istituto russo per gli Studi Strategici, ha detto:
Ci si può a lungo lamentare circa la debolezza dell’uomo di fronte alla furia degli elementi, ma si può anche sostenere che l’essere umano oltre che resistere agli elementi debba almeno fare qualcosa per garantire che le conseguenze delle calamità naturali non siano così catastrofiche. Molti dei fattori che hanno portato a queste tragiche conseguenze delle piogge monsoniche in corso, sono stati creati dall’uomo stesso. I fiumi che nascono nel Nepal e attraversano il territorio dell’India hanno rotto gli argini non solo perché è caduta troppa pioggia. Una delle cause delle inondazioni è che, a causa dei livelli delle acque nei bacini creati sul territorio del Nepal, le autorità sono state costrette ad aprire le chiuse e l’acqua è scesa a più riprese rafforzando l’azione delle piogge.
Questo sottolinea ancora una volta il problema delle acque per i paesi della vasta regione che copre l’Himalaya, il Plateau tibetano e tutte le aree circostanti, tra cui l’Asia centrale e anche la Siberia. Secondo l’esperto:
Sulla questione idrica recentemente si è detto molto. Alcuni politologi sostengono addirittura che nel XXI secolo non ci saranno più guerre per l’energia ma scoppieranno guerre per l’acqua. E in nessun’altra parte del mondo questi problemi sono così gravi come nella regione pre himalayana. Da come verranno risolte qui le questioni idriche, dipenderà il destino di Stati con una popolazione complessiva di oltre 3 miliardi di persone.
Purtroppo fino ad ora nel mondo non esiste per tutti gli Stati un unico e vincolante insieme di leggi che regolino l’uso dell’acqua dei corsi d’acqua transfrontalieri. E molti paesi situati al di sopra del corso dei fiumi si ispirano de facto alla cosiddetta “dottrina Harmon.” Questa dottrina dichiara la piena sovranità di ogni Stato sui fiumi che scorrono sul proprio territorio ed autorizza a fare con l’acqua ciò che si vuole senza tenere conto degli interessi dei Paesi a valle.
L’India, a questo proposito, occupa una posizione particolare. Rispetto al Pakistan e ia Bangladesh è al di sopra e controlla le sorgenti dell’Indo e del Gange. Ma l’India stessa risulta essere al di sotto rispetto al Nepal e alla Cina, sul cui territorio scorre il Brahmaputra, dice Boris Volkhonski:
E proprio per questo l’India, essendo un paese che comprende gli interessi dei paesi al di sopra e al di sotto dei fiumi, potrebbe essere l’iniziatore della creazione, se non globale almeno regionale, di una convenzione sul consumo di acqua che potrebbe contribuire ad evitare molte conseguenze negative. Dopo tutto, se l’acqua dalle chiuse in Nepal fosse stato riversata in anticipo, allora sarebbe stato improbabile che avremmo visto oggi una tale devastazione e la perdita di vite umane nei corsi inferiori dei fiumi transfrontalieri.
In ogni caso è evidente: il problema delle inondazioni non può essere trattato all’interno di ogni singolo paese e nemmeno nel quadro di relazioni bilaterali, ma può essere risolto solo con un lavoro comune di tutti i paesi insieme.
Fonte: rus.ruvr.ru