Nata a Saint-Nazare, in Francia, da un antica famiglia di armatori bretoni, Odette du Puigaudeau è uno di quei personaggi singolari della storia che, giocoforza, diventano ambasciatori delle cause perse. Per lei fu quella del grande nomadismo cammelliero. Nel 1933, la Mauritania era stata appena pacificata, sconosciuta all’occidente e amministrata esclusivamente da uomini. Appassionata, tenace, un filo di arroganza, Odette realizzo’ quattro grandi viaggi in Africa che definirono gli usi e i costumi di una terra lontana. La sua storia. Odette de Puigaudeau (1894-1991) non è definibile con il genere “avventuriera in crinolina“. Era piuttosto un carattere forte, ben temprato, al limite del virile. Ci vuole coraggio per affrancarsi alle grandicarovane del sale di quell’epoca, a piedi o a dorso di cammello, su piste pericolose dove soccombero, prima di lei, numerosi nomi prestigiosi della società della geografia europea. Se la determinazione di Odette era a prova di bomba, a tutti gli effetti non viaggio mai sola ma con Marion Sénones, l’amica di tutta una vita e complice scientifica nella scoperta di un ovest sahariano appena cartografato. Di queste odissee Odette pubblicherà un’opera, a volte contestata dal punto di vista accademico (era autodidatta) e le istituzioni cercarono sempre di marginalizzarla. Ma grazie alla superba biografia redatta da Monique Vérite e alla redenzione tardiva delle sue opere e articoli, sappiamo oggi riconoscere quale fu l’apporto dato da questa donna, fuori del comune, nella conoscenza delle società africane prima della colonizzazione. Odette era bretone e in primis oceanografa. Suo padre, pittore della scuola di Pont-Aven, e di sua madra, ritrattista, eredito’ il gusto del disegno e della vita bohèmienne. Pertanto, quando lascio’ la Bretagna, aveva compiuto 26 anni, pronta per farsi accogliere dalla sognata Parigi, dove mise a profitto il suo talento di disegnatrice lavorando su delle tavole di scienze naturali che l’avrebbero condotta, secondo lei, a partecipare alle spedizioni di Charcot nell’Antartico. La spedizione è misogina e la porta resto’ chiusa. Si indirizzo allora al mondo della moda, con la speranza di vedersi all’estero per seguire le collezioni (diresse con successo per un certo periodo l’atelier di disegno di Jeanne Lanvin). Dopo questa esperienza si diresse verso il naturalismo e saltuarialmente torno’ in Bretagna per gravitare intorno ai luoghi di pesca, che la ffascinavano. Nel 1928, ottenne un libretto di iscrizione marittima, passaporto indispensabile per imbarcarsi. Per tre stagioni la si vedrà al lavoro sulle imbarcazioni con diverse mansioni e in ultimo una campagna di pesca al tonno. La sua passione per l’oceano permettera ad Odette di debuttare in una carriera di giornalista, perchè i diari delle sue intrepide avventure marittime conobbero un grande successo editoriale e di pubblico. Ma di grandi viaggi, Odette ha 40 anni, nemmeno l’ombra. Non sarà il mare ma il Marocco e la Mauritania, accostate per la prima volta a bordo di un veliero bretone, nel novembre del 1933, in compagnia dell’amica Marion, incontrata un anno prima. Le due dame riuscirono a farsi finanziare da diversi periodici (L’Illustration, Le Monde colonial illustré, L’intransigeant) e guadagnare l’appoggio del generale Gouraud, che vide in quella spedizione il mezzo per valorizzare l’azione pacificatrice della Francia. Da Port-Etienne (Nouadhibou), uno dei primi avamposti creati dai francesi alla frontiera del Rio de Oro (Sahara marocchino), arrivarono a Nouakchott a dorso di cammello o a piedi, accompagnate da alcuni indigeni di cui adotto’ i costumi. Visito’ entroterra sconosciuti, accampamenti e saline, condividendo il quotidiano con le popolazioni locali. Nessun ristorante alla moda, neppure letti comodi e tantomeno cibi saporiti. Qualche utensile in legno, sacchi di cuoio, mobili locali. “Viaggiare è vincere” recita un proverbio arabo. Immobilizzata diverse volte da gravi problemi di salute, riusciva sempre a ripartire per recarsi alla guetna (fiera dei datteri) che si teneva ogni estate nell’Adrar. Vinse anche sulle frequenti interdizioni lanciate dai militari degli avamposti francesi, dove era mal vista in quanto presenza femminile. Pur proibendo loro di spostarsi per andare a Fort Gouraud, per raggiungere alcuni gruppi nomadi e scoprire nuovi siti, trovo’ il modo di raggiungerli da Ouadine sino a Chinguetti, un inferno di 400 km percorsi in sei giorni sotto una tempesta di sabbia feroce. Dopo questa, un altra attraversata dinove giorni in un deserto di fuoco in direzione della baia di Saint-Jean, dove si imbarcarono per Nantes, nell’ottobre del 1934.
La stampa, che durante la loro assenza aveva pubblicato alcuni reportages, le accolse in modo trionfale. Il mondo della scienza inizio’ ad aprire loro le sue porte, con delle conferenze al Museo delle Colonie. Odette in quel periodo pubblico’ il suo primo libro, ” A piedi nudi attraverso la Mauritania” con prefazione del generale Gourad, e premiato dall’Acadèmie Française. Dicembre 1936. Odette e Marion vengono incaricate, dal Ministero dell’Educazione Nazionale e delle Colonie, di completare le collezioni archeologiche e etnografiche del Museo di Storia Naturale. Il progetto è ambizioso, seguire le due piste carovaniere che, da secoli, ritmavano l’economia del Sahara. All’andata, la strada dell’ovest, TrikLemtouni, che tracciava il sud del Marocco sino all’Adrar mauritano. Al ritorno, la rotta dell’est, Trik el Djouder, che conduceva a Timboctou e a Tindouf (Marocco). Immobilizzate dalle pioggie invernali per diversi mesi a Tidjjka, capoluogo del Tagant, si impegnarono a raccogliere memorie orali, genealogie tribali, utensili preistorici e manufatti in terracotta. Dettagliarono le condizioni di vita dei mauri e catalogarono i siti rupestri già accennati nel Giornale della Società degli africanisti. Questo secondo viaggio, che si chiuse nel febbraio 1938, dopo 6.500 km di marcia al passo lento delle carovane, è salutato dall’Occidente come un exploit. La guerra metterà un freno alla curiosità delle due donne ma si imbarcarono nuovamente nel 1949. Caricate di alcune missioni scientifiche dal Ministero della Francia d’Outremer, non ricevettero pero’ nessun tipo di sovvenzione. Le relazioni con i ricercatori del Museo dell’Uomo erano tesi e molti problemi irrisolti con i militari colonialisti. Durante i sei mesi di soggiorno nel sud marocchino vennero tenute in ostaggio dalla popolazione e dovettero rinunciare ad affrancarsi ad una carovana che partiva per la Mauritania, che la raggiunsero poi in camion nel giugno del 1950. Dopo dodici anni di assenza da quei territori, Odette è rammaricata: i nomadi si stanno sedentarizzando, emigrano verso le città e le miniere presenti nelle zone. Consacro’ allora tutta la sua vita a difendere la causa dei valori tradizionali di una cultura minacciata, di cui si sentiva solidale. Il destino dei Mauri divento’ il suo destino. Dopo dieci anni di lavoro d’ufficio a Parigi sulle arti e sui costumi dei Mauri, fece un ultimo viaggio in Mauritania nel 1960, l’anno del nucleare nel mondo occidentale. Poi, sollecitata dal governo marocchino per seguire delle ricerche archeologiche nel sud del Paese, si installo a Rabat dove venne nominata capo dell’ufficio di Preistoria del Museo delle Antichità. Quando arrivo’ l’ora di andare in pensione, a 84 anni (!), infaticabile, intraprese la redazione del quinto capitolo di una tesi che non concluderà mai . La sua morte avvenne a Rabat nel 1991, come Monod o Lothe, quasi centenaria.
La carovana Azalaî. Straordinaria carovana con migliaia di cammelli che partivano da Timbouctu in direzione delle miniere di sale di Taoudéni, assicurava la vitalità commerciale del Sahara. Si organizzava due volte all’anno, in aprile e in novembre. Dopo aver attraversato l’Azaouad, il convoglio si fermava presso i cento pozzi di Araouane dove, per circa due giorni e tre notti, i pastori abbeveravano sino a 3.500 cammelli e caricavano le sacche di migliaia di carovanieri. Di seguito la grande tappa sino a Taoudéni, durante la quale uomini e animali venivano messi a dura prova: una attraversata di otto giorni in pieno deserto sahariano senza nessun pozzo d’acqua per il rifornimento.
Da leggere: “Odette du Puigaudeau – Una bretone nel deserto” – di Monique Vérité – Ed.Paris Payot 1992
Fonte: My Amzighen