Resettare le difese naturali dei malati di sclerosi multipla somministrando prima una potente terapia immunosoppressiva che crei una ‘pagina bianca’ nei baluardi protettivi dell’organismo, poi un’infusione di cellule staminali ematopoietiche prelevate dagli stessi pazienti. Si chiama autotrapianto di midollo osseo ed è tornato sotto i riflettori della cronaca dopo “il miracolo” riferito da una giovane mamma britannica che, grazie al trattamento, spiega di essere tornata a camminare rialzandosi dalla sedia a rotelle. Lo studio, pubblicato su ‘Jama’ e coordinato dagli Usa, segue un filone che vede anche l’Italia in prima linea. Un trial di fase II che appare su ‘Neurology’, guidato da Giovanni Mancardi dell’università degli Studi di Genova e Riccardo Saccardi dell’Aou Careggi di Firenze, conferma la bontà dell’approccio: “Risultati clamorosi in termini di riduzione delle nuove lesioni (-80%) rispetto alla terapia tradizionale”. “Non c’è dubbio che questa strategia produrrà grandi risultati – assicura all’Adnkronos Salute Mancardi, presidente del prossimo Congresso nazionale della Società italiana di neurologia (Genova, 10-13 ottobre) – a patto di indirizzarla ai pazienti che possono beneficiarne e cioè malati in fase recidivante-remittente, nei quali la patologia evolve rapidamente peggiorando in pochi mesi o anni, e abbiano fallito tutti i trattamenti tradizionali: diciamo un 5-10% del totale pazienti con sclerosi multipla”, complessivamente pari a circa 60 mila nel nostro Paese. Ma prima di poterli trattare, precisa l’esperto, “i nostri risultati, così come quelli analoghi riportati da altri colleghi, vanno approfonditi e verificati con un ampio trial di fase III. Si tratta infatti di un trattamento molto aggressivo e a rischio tossicità”. Lo studio co-coordinato da Mancardi è multicentrico e internazionale, promosso dalla Società europea trapianti di midollo (Ebmt) e finanziato fra gli altri dalla Fism, Fondazione italiana sclerosi multipla. La ricerca, durata oltre 15 anni, ha coinvolto 21 persone con sclerosi multipla secondaria progressiva o recidivante-remittente, la cui disabilità era peggiorata nell’anno precedente nonostante il trattamento con farmaci di prima linea. Tutti i partecipanti, età media 36 anni, avevano ricevuto terapie classiche senza risultato.
A differenza del trial pubblicato su Jama, quello a guida ‘tricolore’ è randomizzato verso un gruppo di controllo: 12 pazienti hanno ricevuto una terapia standard con l’immunosoppressore mitoxantrone, mentre agli altri 9 è stato somministrato un potente ‘cocktail’ immunosoppressivo seguito da infusione di proprie staminali ematopoietiche. Nei 4 anni successivi il trattamento ha ridotto l’attività della malattia in misura “molto più significativa” rispetto al mitoxantrone. Il gruppo ‘staminali’ ha presentato il 79% in meno di nuove lesioni cerebrali (una media di 2,5 contro le 8 del gruppo controllo), e non ha più sviluppato un altro tipo di lesioni (dette ‘captanti il gadolinio’) che nel gruppo controllo si sono ripresentate nel 56% dei pazienti. Non sono invece state registrate differenze tra i due gruppi in termini di progressione della disabilità. “Dal nostro studio sembra emergere che l’introduzione di cellule staminali sia in grado di riprogrammare il sistema immunitario”, commenta Mancardi, per il quale “è verosimile ipotizzare che il trattamento con staminali possa influenzare profondamente il decorso della malattia”. Il trapianto autologo “è stato globalmente ben tollerato, con effetti collaterali prevedibili e risolti senza alcuna conseguenza permanente – aggiunge Saccardi – Abbiamo utilizzato la stessa tecnologia riportata in un precedente studio coordinato dal Gruppo italiano trapianti di midollo (Gitmo), ad oggi lo standard nella maggior parte dei trapianti per sclerosi multipla riportati in letteratura”. “I risultati di questo e degli altri studi condotti con il nuovo approccio concordano: i dati sono promettenti e spingono verso l’organizzazione di un trial di fase III”, ribadisce Mancardi che auspica “una collaborazione Usa-Ue” per centrare l’obiettivo e compiere il passo finale verso il futuro ingresso dell’autotrapianto nella routine clinica, su malati di sclerosi multipla che possano beneficiarne: per ‘fare meta’, conclude, “dobbiamo unire le forze”.
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