Bruno Lauzi è sempre stata una figura particolare nell’ambito dei cantautori italiani.
Appartenente alla scuola genovese ma spesso ostracizzato per le sue esplicite convinzioni politiche (appoggiava il Partito Liberale Italiano, di centro destra, per cui si candidò anche in qualche elezione), ha sempre vagato artisticamente tra canzoni d’autore, uno spirito cabarettistico fino alla “deriva” di “Johnny Bassotto” e “La tartaruga” per poi tornare, in sordina a sonorità più personali a base di album a sfondo jazz.
“Bruno Lauzi” del 1970 è un eccellente lavoro a cui partecipano fior di musicisti, da Lucio Battisti a Franz Di Cioccio alla batteria, Flavio Premoli alle tastiere, Mario Lavezzi alla chitarra, Damiano Dattoli dei Flora, Fauna e Cemento (poi autore di “Io vagabondo” dei Nomadi) poi a lungo collaboratore di Lucio Battisti.
La ballata country rock dalle movenze soul “Mary oh mary” scritta da Lucio Battisti (che suona anche, non accreditato, la chitarra acustica) apre magistralmente l’album.
A cui segue il gospel country di “Lucy l’ortopedica”, il jazz blues di “Quella casa in Lombardia”, il famoso caustico ritratto ne “Le bigotte” in chiave cabaret blues (traduzione di un brano di Jacques Brel), l’intensa ballata pianistica “Ti ruberò” con l’elegante orchestrazione di Claudio Fabi (padre di Niccolò Fabi e che produsse la versione italiana, Ragazzo solo, ragazza sola di Space oddity di David Bowie).
Chiude la celeberrima “E penso a te” (preceduta dalla malinconica “Il bene di luglio” composta da Vecchioni) di Battisti e Mogol, poi ripreso da numerosi artisti tra cui lo stesso Battisti, Mina, Vanoni, Ruggeri, con il sontuoso arrangiamento di Giampiero Reverberi.
P.S.: la copertina è curiosamente uguale come concept a quella di “Who by numbers” degli Who…