Dopo La sposa turca (2004) e Ai confini del Paradiso (2007), ci sono voluti sette anni prima che IL PADRE, l’ultimo capitolo della trilogia di Fatih Akin su “amore morte e diavolo”, potesse essere concluso. IL PADRE è la produzione più ambiziosa di Akin, in termini finanziari e di realizzazione. Era essenziale avere dei partner forti, sia sul piano creativo sia tra i produttori. Da Ai confini del Paradiso Akin lavora sempre con la casa di produzione francese, la Pyramide Films. La produttrice Fabienne Vonier, una lottatrice e grande visionaria, ha dimostrato fin dall’inizio il proprio entusiasmo per il nuovo progetto di Akin. In Germania, Fatih Akin è riuscito a convincere Karl Baumgartner della Pandora Film della sua idea di film. Ha garantito che IL PADRE fosse finanziato con un budget di sedici milioni di euro, quasi esclusivamente come film indipendente. Baumgartner era una figura paterna. Un sognatore, ma di quelli che permettono ai sogni di diventare realtà. Le difficoltà non erano altro che uno stimolo per far aumentare il suo entusiasmo e la sua ambizione. Durante le riprese in Canada, Akin non ha girato per un giorno intero, perché non gli piaceva il cielo; qualsiasi altro produttore si sarebbe rifiutato di accettarlo, dati i costi aggiuntivi che avrebbe comportato. Non Karl Baumgartner, che ha capito perfettamente ciò che era fondamentale per Akin. Il tempo si è schiarito e il mattino seguente, il cielo, le nuvole e la luce apparivano esattamente come li desiderava Akin. La scena adesso è la sequenza finale di IL PADRE. Né Fabienne Vonier né Karl Baumgartner hanno potuto vedere il film finito. Fabienne Vonier è morta nel luglio 2013 e Karl Baumgartner nel marzo 2014. Senza di loro, questo film non esisterebbe.
Il “diavolo” è ovunque per Fatih Akin. Ha molte sfaccettature dentro ognuno di noi, pronte a esplodere in qualsiasi momento. Per la terza parte della sua trilogia, Akin ha lavorato su diversi scenari paralleli. La genesi di IL PADRE è durata diversi anni e ha attraversato molti cambiamenti. Inizialmente, la trama era costituita da cinque piani narrativi. Quando Akin ha mostrato la prima bozza della sceneggiatura al regista Costa-Gravas, quest’ultimo gli ha suggerito di scegliere solo uno dei filoni per sviluppare il film. Così Akin si è concentrato su una storia di espulsioni e genocidio nell’Anatolia sudorientale durante la Prima Guerra Mondiale. Racconta del fabbro Nazaret Manoogian e della sua famiglia, vittime della persecuzione nel 1915. Parla del destino individuale di un uomo separato dai suoi cari, che sopravvive al genocidio e inizia a cercare le figlie quando scopre che sono ancora vive.
Nelle fasi finali della stesura della sceneggiatura, Fatih Akin ha avuto la straordinaria opportunità di conoscere un grande sceneggiatore grazie a Martin Scorsese: Mardik Martin. Martin, autore per Scorsese delle sceneggiature di TORO SCATENATO e MEAN STREETS, ha suggerito a Fatih Akin di condensare ancora di più la storia. In perfetto stile americano, gli ha detto: “Hai messo troppa carne al fuoco”. Fatih Akin è andato a Los Angeles, e in dieci giorni, i due hanno ridotto non soltanto il copione, ma anche il budget in maniera efficace.
Akin è un perfezionista quando si tratta di accuratezza storica, perciò la sceneggiatura di IL PADRE non è stata realizzata senza riferimenti solidi. Nel corso di numerosi viaggi, Akin e la sua squadra, Kathrin Pollow (consulente storico), Nurhan Sekerci (produttrice) e Flaminio Zadra (produttore) hanno affrontato questa complessa tematica storica. Wolfgang Gust, ex caporedattore per la rivista Der Spiegel e autore di numerose pubblicazioni sull’Impero ottomano, il genocidio armeno e la responsabilità della Germania, così come Taner Akçam, professore di storia della University of Minnesota ed esperto del genocidio, hanno aiutato la squadra in molte occasioni. Una ricostruzione storica del genocidio armeno è iniziata soltanto pochi anni fa. La storica di Amburgo Kathrin Pollow ha seguito le tracce dei bambini armeni morti negli orfanotrofi in Siria, Iraq e Libano. Ha condotto ricerche sulla partecipazione straniera, compresa quella tedesca, alla progettazione e costruzione della cosiddetta ferrovia di Baghdad, così importante per l’espansione e la conservazione dell’Impero ottomano. Negli archivi ha trovato relazioni da parte di preti tedeschi, danesi o svizzeri, e inviati che descrivevano i violenti crimini contro gli armeni nella fase iniziale. E’ stato seguito il percorso intrapreso dai profughi armeni ed è emerso, per esempio, che Cuba era considerata un primo porto utile per emigrare negli Stati Uniti. Ma persino i dettagli minori dovevano essere indagati: com’erano i tatuaggi delle donne beduine un secolo fa? I cavalieri curdi che prestavano servizio nell’esercito turco avevano bottoni sui pantaloni o meno? Come si faceva il sapone a cavallo tra i due secoli ad Aleppo? E che aspetto aveva…?
In uno degli ultimi viaggi di ricerca in Giordania, poco prima di iniziare le riprese, Rainer Klausmann, il direttore della fotografia di Akin da LA SPOSA TURCA, è caduto accidentalmente e si è fratturato un’anca. Il dottore ha previsto che Klausmann non si sarebbe rimesso in piedi prima di almeno sei settimane. Nei primi giorni di riprese a Cuba, Klausmann ha lavorato in sedia a rotelle. Alla fine delle riprese sull’isola, aveva ricominciato a ballare.
Per alcuni creativi della squadra di produzione di Akin, IL PADRE è stato come una riunione di famiglia, perché avevano lavorato per Schindler’s List di Steven Spielberg e/o per IL PIANISTA di Roman Polanski. Il premio Oscar Alla Starski come scenografo, Ralph Remstedt come aiuto regista, Waldemar Pokromski come primo truccatore e Julie Adams come dialogue coach. Per il ruolo di costumista Fatih Akin si è assicurato ancora una volta Katrin Aschendorf di Amburgo, che aveva già realizzato i costumi per i suoi film La sposa turca, Ai confini del Paradiso e Soul Kitchen. Ma IL PADRE rappresentava una sfida particolare, perché il film si sviluppa in tre continenti, raffigura tre culture e si svolge in un’epoca raramente esplorata nel cinema, offrendo quindi poche possibilità di noleggio di intere collezioni di costumi. Il regista armeno-canadese Atom Egoyan alla fine ha fornito i costumi che aveva usato per il suo ARARAT. Ha persino “prestato” alla squadra sua moglie: Arsinée Khanjian interpreta infatti la moglie del barbiere cubano Hagob Nakashian in un ruolo secondario. È un’armena impegnata, nata a Beirut, e il fatto che abbia lavorato davanti alla macchina da presa per un regista di origine turca assume un significato particolarmente conciliatorio.
La decisione su chi avrebbe interpretato il ruolo del protagonista è stata presa presto. Noto per non contare sui “grandi nomi” dell’industria cinematografica, ma per riconoscere la qualità e il potenziale di attori meno noti, Fatih Akin ha guardato IL PROFETA di Jacques Audiard con grande entusiasmo. L’attore francese Tahar Rahim è convincente nel ruolo di un giovane analfabeta. Figura centrale del film, è in grado di sostenerlo quasi da solo, proprio come nel caso di IL PADRE.
Durante le audizioni, è avvenuto un piccolo miracolo. Mardik Martin era andato ad Amburgo da Los Angeles per essere presente al casting. Fatih Akin aveva selezionato l’attore britannico Sévan Stephan come possibile interprete del ruolo dell’armeno Baron Boghos, per le sue origini armene. Dopo le audizioni, Sévan Stephan e Mardik Martin hanno iniziato a parlare e hanno scoperto di essere imparentati. La madre di Sévan è cugina di Mardik Martin. Sévan ha chiamato immediatamente la madre, che li ha raggiunti, e lei e Mardik si sono parlati per la prima volta dopo più di cinquant’anni. Dal momento che la famiglia vive dispersa in tutto il mondo, è stato necessario un passaggio da Amburgo per riscoprirsi.
Le riprese sono durate da marzo a luglio 2013 tra Cuba, Canada, Giordania, Germania e Malta. Le prime scene girate a Cuba sono andate molto bene. La squadra ha trovato buone condizioni di lavoro e le autorità non hanno interferito. E’ stato necessario portare soltanto legno, carta e stampante. A Cuba non c’è più molto legno, e per alcune scene, lo scenografo Allan Starski temeva che non ce ne sarebbe stato abbastanza sul posto. Anche alcune scene che rappresentano il Medio Oriente di fatto sono state girate a Cuba. Ma non sono mancati gli imprevisti. Inizialmente avevano intenzione di girare in Marocco, ma le location erano troppo distanti l’una dall’altra. Hanno trovato tutto ciò di cui avevano bisogno in Giordania. Il deserto lì era perfetto ed era disponibile persino un treno d’epoca funzionante. Inoltre, la troupe giordana si è rivelata estremamente professionale.
Tuttavia, la collaborazione con le comparse è stata più difficile di quanto si potesse immaginare. Tra le comparse c’erano rifugiati da Iraq, Siria e Iran. Durante le riprese nel deserto, hanno dovuto condividere grandi tende per costumi e trucco, il catering e le attese tra un ciak e l’altro. Tra i gruppi continuavano a nascere scontri e litigi. E’ stata un’esperienza frustrante realizzare che una storia di finzione su eventi che risalivano a un secolo prima poteva arrivare ad avvicinarsi alla realtà in Giordania, come se fosse rivissuta e ripetuta in quel momento. Una volta, un beduino ha interrotto per qualche ora le riprese che stavano avvenendo sul suo territorio. Suo fratello aveva dato l’approvazione alla troupe per girare, ma i fratelli avevano litigato. Pastori beduini hanno bloccato le strade e la polizia ha dovuto redimere la questione. Anche il clima ha avuto un ruolo determinante. Una tempesta nel deserto ha impedito di girare. Con 40 gradi, la macchina da presa si è surriscaldata ed è stato necessario raffreddarla. La troupe ha sperimentato l’opposto in Canada. Lì si sono trovati bloccati in una tempesta di neve. La temperatura media giornaliera era di 10°C. Ci sono state anche delle situazioni bizzarre. In una scena girata a Malta, ambientata alla fine della Prima Guerra Mondiale quando i turchi si ritirano da Aleppo, la folla inferocita scaglia delle pietre contro di loro. Tuttavia le “pietre” erano di plastica e rimbalzavano come palline da tennis quando colpivano le persone, i muri e le strade. Con un lavoro meticoloso sui dettagli, le immagini hanno dovuto essere ritoccate in postproduzione per evitare un effetto comico indesiderato.
Proprio come Nazaret Manoogian vive un’odissea nel film, anche le riprese del film sono state nella realtà un lungo viaggio con molte fermate per la troupe. Il campo di sterminio è stato filmato negli studi di posa di Babelsberg. Le sequenze sulla nave dei migranti “Santa Isabel” sono state girate a bordo della “Rickmer Rickmers” ad Amburgo. Anche le scene nella stanza del cucito sono state filmate nella città anseatica. In questo caso è stata d’aiuto una famiglia del Meclemburgo-Pomerania Anteriore che possiede numerose macchine da cucire d’epoca. Gli esterni di Minneapolis sono stati girati a Berlino sull’isola di Eiswerder sulla Havel. La casa di Nazaret è stata ricostruita negli MMC Studios di Colonia. I giorni felici della famiglia sono stati filmati lì. L’ufficio in cui Nazaret annuncia la ricerca delle due figlie è stato invece riprodotto a Wuppertal. La fucina di Nazaret a Mardin in realtà si trova al Kiekeberg Museum in Bassa Sassonia.