“Tecnosciamani”, edito nell’aprile del 2010 dalla casa editrice FBE Edizioni, è una sorta di viaggio ai confini dello sciamanesimo e della tecnologia. L’autore e giornalista, Carlo Pizzati, ha viaggiato fisicamente nei luoghi illustrati e conosciuti realmente le particolari persone descritte nel libro. La sensazione di trascendenza che ne deriva è sempre razionalizzata dall’essere spiritualmente ateo di Carlo.
Abbiamo incontrato l’autore per conoscere meglio il suo pensiero e per presentarlo ai nostri lettori.
A.M.: “Tecnosciamani” è un viaggio particolare attraverso la tecnologia e la spiritualità. Qual è stato il tuo punto d’avvio?
Carlo Pizzati: Tutto è iniziato con un mal di schiena che mi peggiorava la vita da più di vent’anni. Vivevo un periodo di grande crisi. Mi ero appena separato, con un adorabile figlio piccolo che avrei potuto vedere più di rado perché dovevo lasciare Roma, dove avevo abitato negli ultimi anni. Il lavoro del giornalista era in stallo, mentre i primi peli bianchi sulla barba mi ricordavano che si stava avvicinando la mezz’età. Avevo rimandato troppo a lungo la soluzione alle fitte alla schiena e decisi di cercare di guarire. In California, per una serie di coincidenze, mi ritrovai a farmi diagnosticare “spiritualmente” con un macchinario chiamato quantum biofeedback. A quanto diceva il computer collegato a polsi, caviglie e testa, il mio mal di schiena era dovuto a un nodo karmico, ovvero a un “crimine sociale” commesso da una mia precedente incarnazione. Da lì è cominciato il lungo viaggio attraverso altri continenti ed incontri: sciamani ed esorcisti in Argentina, maestri di meditazione ad Assisi, guarigioni spirituali nei rave party di musica trance sulle Cinque Terre, medici ayurvedici e guru di yoga nel sud dell’India.
A.M.: Lasciando da parte per un attimo la tua pubblicazione, tu pensi di esser più incline alla tecnologia o alla spiritualità?
Carlo Pizzati: Sono cresciuto frequentando molto la tecnologia. Diciamo piuttosto i giochi elettronici. Il mio sistema nervoso si è formato anche su giochi come Pac-Man, Frogger, Asteroids e soprattutto Space Invaders. Da ragazzo guardavo sempre molta televisione, tanto che mio zio mi soprannominò il “televidiota”. Iniziai a 17 anni, in Florida, a studiare i rudimenti dell’informatica imparando linguaggi di programmazione come Fortran, Cobol e Basic. Mi è capitato di lavorare in un paio di portali Internet, a Madrid ed a Milano. Avendo una formazione umanista, ho sempre creduto nella razionalità, e cercato di seguire la deduzione. Sono però una persona più spontaneamente incline all’intuito, e ho imparato meditazione buddista e yoga a 6 anni, praticandola a lungo prima di scoprire una tecnica induista. Mi fido dell’istinto e ho la sensazione che vi sia qualcosa di utile per la nostra vita quotidiana in ciò che ci appare più misterioso e insondabile. Un amico mi definisce “l’ateo più spirituale che conosco”. Quindi mi riesce difficile dare una risposa netta a questa domanda. Anche perché voglio camminare sulla linea di colmo, il crinale dei tetti, per riuscire a guardare da entrambe le parti e cercare di capire qualcosa.
A.M.: Nel libro si toccano molte parti del Mondo, qual è quella che secondo te detiene un fascino maggiore?
Carlo Pizzati: La risposta è facile: l’India. Recentemente hanno scoperto che la forza di gravità non esercita la sua potenza in maniera identica in tutto il globo, ci sono delle zone dove è più forte ed altre dove è più leggera. Sulla mappa disegnata dagli studiosi, si vede una grande macchia rossa spandersi dall’Islanda fino a tutta l’Europa, lambendo la costa americana di Boston e New York. Quella è la zona più “pesante”, secondo questo studio. In un’altra zona della mappa si vede invece una macchia blu dove la forza di gravità è più debole. La macchia inizia nel sud dell’India e si espande nello Sri Lanka fino a coprire una parte di Oceano Indiano. Che sia questa la spiegazione tecnosciamanica sul fatto che l’India resta da millenni quella che Giorgio Manganelli definiva “la Casa Madre dell’Assoluto”?
A.M.: Qual è la percentuale di Carlo Pizzati in “Tecnosciamani”?
Carlo Pizzati: Cento per cento. È un libro di creative non-fiction. Tutto ciò che viene narrato nel libro è accaduto oppure almeno è stato percepito, anche se non necessariamente nell’ordine temporale narrato, e con alcune libertà letterarie. La “voce narrante” sono io. Non giustifico e non giudico: narro. Anche se non tutti mi riconoscono. Ma questo accade per quell’effetto “Uno, nessuno e centomila” che è la presa in giro chiamata identità.
A.M.: Quale target di lettori pensi possa interessarsi a “Tecnosciamani”?
Catlo Pizzati: Finora i lettori sono stati di tutte le età e con diversi retroterra. Ho ricevuto commenti di lettrici che frequentano la scuola media ed il liceo, come anche di universitari. E mi sono arrivati messaggi di apprezzamento molto ben articolati da nonne quasi ottantenni. Ho visto che il libro è piaciuto ai medici tradizionali ed a quelli alternativi, ad ortopedici e fisioterapisti ed a persone che intraprendono da anni un cammino spirituale. È piaciuto a chi legge di rado, ma anche ai recensori ed ai critici letterari. Elenco solo i messaggi ricevuti, quindi non tiro a indovinare: piace agli avvocati ed agli ingegneri, ma anche alle imprenditrici, agli studenti, agli insegnanti, alle maestre, agli smanettoni di Internet, ai meditanti ed agli scettici. In questo sono rimasto sorpreso, pensavo che forse avrei potuto ricevere critiche da un lato e dall’altro del “tetto” della realtà ed invece, sulla “linea di colmo”, sul crinale, finora sono arrivati solo apprezzamenti.
A.M.: Ci sono autori emergenti che segui e rispetti?
Carlo Pizzati: Non so dire chi siano gli autori emergenti. Ho un lungo elenco di autori definitivamente morti i cui libri hanno significato molto per me. Eccone alcuni: Canetti, Berhard, Kafka, Handke, Genet, Doevstoevskij, Gogol, Tolstoj, Turgenev, Robbins, Vonnegut, Faulkner e Borges e penso sia utile conoscere la Baghavad Gita (forse un testo spirituale più immediatamente efficace di Bibbia, Corano e Talmud). Tra gli italiani: Calvino, Parise, Morante, Gadda ed a volte Landolfi. Ci sono poi degli autori morenti che apprezzo, forse anche perché ho il piacere di conoscerli personalmente e di stimarli per un motivo o per l’altro, e sono Vitaliano Trevisan, con cui condivido anche le radici vicentine, Emanuele Trevi, che meglio di ogni altro ha capito “Tecnosciamani”, e Tommaso Pincio, che è un caro amico da quando si chiamava ancora Marco.