UN TIRCHIO QUASI PERFETTO è il suo quarto film. I suoi tre precedenti lungometraggi, ANYTHING FOR HER, POINT BLANK e MEA CULPA, erano dei thriller molto cupi. Cosa le ha fatto venir voglia di lanciarsi in una commedia?
Innanzitutto vorrei dire che i miei quattro lavori hanno un punto in comune: sono tutti autentici «film da domenica sera». Sono ludici e destinati agli spettatori: sono frutto del puro piacere di fare cinema, che è la mia unica motivazione nel fare questo mestiere. È vero che, sul piano formale, i miei tre primi film sono molto diversi rispetto a UN TIRCHIO QUASI PERFETTO, ma non mi sono mai posto dei veti nei confronti della commedia. Anzi, è stato persino entusiasmante per me lanciarmi in un genere inedito. Stavo soltanto aspettando un buon soggetto e quando Eric Jehelmann, il mio produttore di ANYTHING FOR HER, è venuto a parlarmi di questo progetto, non del tutto convinto che potesse interessarmi, mi sono detto che quella era LA storia giusta. Per quanto ne so io, è un tema che non era mai stato affrontato fino in fondo nel cinema, ad eccezione probabilmente di L’AVARE de Louis de Funès, tratto da “L’avaro” di Molière, il che in termini di riferimento non è niente male!
E come spettatore le piace questo stile di film?
Sì, moltissimo. Nel mio percorso, ho iniziato con la fotografia e sono approdato al cinema attraverso il teatro, in un genere piuttosto comico. Nella mia città, a Rennes, ho conosciuto un attore che interpretava dei one-man-show. Per un certo periodo ha recitato al teatro Point Virgule di Parigi, per poi tornare in Bretagna dove insieme abbiamo messo in piedi una specie di café-théâtre. La cosa divertente è che c’è mancato poco che programmassimo Dany Boon, naturalmente prima che diventasse l’immensa star che è oggi! Era un registro che mi piaceva molto e non a caso i miei primi cortometraggi erano a modo loro delle piccole commedie. Quando sono approdato a Parigi, mi è venuta in mente un’idea di soggetto molto lontana dalla commedia e che quindi mi ha portato verso la realizzazione di ANYTHING FOR HER. Ma le persone che mi conoscevano bene era sorprese dalla direzione che avevo preso perché pensavano che mi sarei naturalmente rivolto verso la commedia!
In che modo ha fatto sua la sceneggiatura di UN TIRCHIO QUASI PERFETTO?
Nella sceneggiatura originale erano già presenti tutti gli ingredienti del racconto e la straordinaria dinamica della tirchieria del personaggio principale. Prima di impegnarmi in modo definitivo sul progetto, mi sono limitato a chiedere l’autorizzazione per riscriverla a mio gusto, modificando i dialoghi e l’intreccio. Eric Jehelmann ha acconsentito e mi sono ritirato a casa mia in Bretagna, non sapendo se avrei trovato l’ispirazione tra una battuta di pesca e l’altra! Un mese dopo gli ho consegnato la mia versione e l’ha trovata magnifica!
Aveva in mente il nome di Dany Boon per incarnare François Gautier già in quella fase?
Poco fa ho citato Louis de Funès e per me lui è stato un preciso riferimento: un attore che anche quando interpreta il cattivo o un personaggio sgradevole conserva la capacità di divertire il pubblico. Ed è vero che a priori un tirchio non è un individuo molto simpatico… Il nome di Dany si è imposto quasi subito proprio perché possiede una enorme dote di simpatia e trovavo interessante condurlo verso quel registro. Eric gli ha fatto recapitare la sceneggiatura un venerdì (all’indomani del mio ritorno dalla Bretagna), Dany l’ha letta nel corso del weekend e il lunedì ci ha telefonato per comunicarci che voleva fare il film. Il martedì ci siamo visti e mi ha annunciato che, per via della sua agenda, avremmo dovuto girare in ottobre. Era il 10 luglio! Due giorni dopo, ho avviato la fase della preparazione e contemporaneamente ho continuato a scrivere…
I tempi stretti che le sono stati imposti sono stati un vantaggio o un handicap?
Mi hanno costretto a fare il doppio del lavoro o quanto meno molto di più che per i miei film precedenti. Ho dovuto essere ancora più vigile per colmare la mancanza di tempo. E questo ha significato 9 settimane di preparazione senza neanche un giorno di pausa… ma mi è piaciuto tantissimo! Quindi non posso dire che sia stato un handicap, anche per merito di Dany: ho scoperto una persona che possiede una forza di lavoro fenomenale e ve lo dice un enorme lavoratore! È sempre presente al 100%, entusiasta, positivo, costruttivo, spiritoso, attento agli altri. La sua disponibilità ha ampiamente compensato la mancanza di tempo. Per me che non mi ero mai cimentato in una commedia ritrovarmi a dirigere IL campione francese nel genere è stato eccezionale…
Quello che è interessante in UN TIRCHIO QUASI PERFETTO è che, al di là del tema di base, riesce a parlarci anche di problematiche più serie, come la paternità, i sentimenti, la famiglia, e questo aggiunge un lato inquietante e commovente al personaggio interpretato da Dany Boon. Era necessario portarlo anche in quella direzione…
Certamente, ma aggiungerei che si tratta di uno scambio di buone pratiche. Quello che è piaciuto a Dany nella sceneggiatura è proprio il percorso che conduce questa storia, in partenza divertente, verso l’emozione. Conosceva e apprezzava i miei film precedenti, in particolare ANYTHING FOR HER. Sapeva che avrebbe potuto apportare il suo talento comico e che l’unione dei nostri due universi sarebbe stata utile per il film. A volte nelle commedie manca proprio questo: l’emozione risulta un po’ costruita e lo dico con grande umiltà! La sceneggiatura di UN TIRCHIO QUASI PERFETTO aveva al contrario un accento di verità e l’interpretazione di Dany non ha fatto altro che rafforzarlo.
Parliamo della sua regia. Nei suoi lavori precedenti, ci ha abituati a una narrazione incalzante e molto elegante sul piano delle immagini. Un doppio principio che è riuscito a mantenere in UN TIRCHIO QUASI PERFETTO…
Quando poc’anzi parlavo dell’aspetto ludico, mi riferivo anche al ritmo dei miei film. Malgrado non avessi mai girato una commedia, sapevo che la ricetta per renderla efficace necessitava soprattutto di questo ingrediente. Spesso, quello che aggiunge un tocco comico a un dialogo è il silenzio che lo precede o lo segue e non è necessariamente una battuta di spirito! La cosa che mi fa paura nel cinema è il famoso «ventre molle». È la ragione per la quale faccio film concisi, non molto lunghi: la mia speranza è di non annoiare lo spettatore, senza tuttavia scivolare in una mise en scène epilettica! Sono stato attento a rispettare questo principio per UN TIRCHIO QUASI PERFETTO e anche a fare in modo che fossero l’azione e la narrazione a determinare i movimenti della mia macchina da presa e non il contrario…
Ho parlato di eleganza: gli ambienti, le luci e persino i costumi sembrano essere stati minuziosamente studiati…
È stata una delle prime discussioni che abbiamo avuto Eric Jehelmann e io, parlando del livello artistico del film: volevamo che fosse un elemento essenziale malgrado si tratti di una commedia. In UN TIRCHIO QUASI PERFETTO, persino il colore dei bidoni dell’immondizia è intonato con le persiane del quartiere residenziale! Questa attenzione produce quello che io chiamo la «realtà +1»: ci troviamo in un mondo reale, ma c’è comunque una sorta di leggero scarto… Il quartiere in cui si svolge una parte della storia è improbabile e tuttavia esiste, con le sue case identiche e simmetriche. Lei ha citato i vestiti: ho terrorizzato la mia costumista quando le ho detto che Dany avrebbe dovuto avere un solo completo, per sottolineare il suo aspetto da cartone animato. Con grande modestia, dico che per me François Gautier è un incrocio tra Tim Burton, Jacques Tati e Mr Bean!
Naturalmente non possiamo non parlare delle due attrici che sono al fianco di Dany Boon, a cominciare da Laurence Arné che interpreta il ruolo di Valérie, una giovane donna timida e innamorata, molto lontana dal registro in cui l’abbiamo vista spesso, in particolare nella serie televisiva «Workingirls»…
Laurence è un’attrice straordinaria e per un regista è la sola dote che conta. Per un cineasta, l’ideale è scegliere soltanto ottimi attori in modo tale da sembrare anche lui un ottimo regista! Apprezzavo il lavoro di Laurence da molto tempo, in particolare proprio nella serie di Canal+ e l’ho molto apprezzata in UN TIRCHIO QUASI PERFETTO. Era perfetta per il personaggio della musicista classica, una donna di classe con i capelli raccolti in uno chignon. E mi interessava molto farne il ritratto di un’introversa, in modo da farle esprimere delle cose nel contenimento offrendole al tempo stesso delle trovate irresistibili. È un’impostazione che abbiamo sviluppato insieme. Avevo un’idea precisa di quello che volevo, ma Laurence è andata ancora più lontano, in particolare nella scena del divano durante la quale, per una sola volta, esce dai gangheri…
Un’altra carta vincente di UN TIRCHIO QUASI PERFETTO, è Noémie Schmidt che abbiamo scoperto nel film L’ETUDIANTE ET MONSIEUR HENRI con Claude Brasseur e visto su Canal+ nella serie televisiva «Versailles»…
E la cosa sorprendente è che le persone che l’hanno vista in quel film o in quella serie non la riconosceranno! Per il ruolo di Laura ho fatto delle audizioni perché cercavo una ragazza di 17 anni e ho scelto Noémie. Quando poi è arrivata mi ha confessato di avere 25 anni, sostenendo che se avesse detto la verità probabilmente non l’avrei presa in considerazione… Noémie ha questa freschezza, oltre ad essere una bravissima attrice dal momento che ha lo spessore di una giovane che ha effettivamente 25 anni. Ha saputo dare al suo personaggio la sua spontaneità, ma anche qualcosa di più profondo, di più doloroso che resta nascosto e che scopriamo verso la fine della storia. Ma la cosa straordinaria è che riesce comunque a impersonare il suo segreto e noi lo intuiamo, senza tuttavia poterlo scoprire fino al momento giusto… Se guardate il film una seconda volta, ve ne rendete conto!
E questo ci porta a un altro punto che UN TIRCHIO QUASI PERFETTO ha in comune con i suoi film precedenti: la cura dedicata ai volti e ai personaggi di secondo o persino terzo piano…
Sì, Laurence, ma anche Dany o Noémie avevano bisogno di interagire grazie alla naturalezza dei personaggi che li circondavano. Tutte e tutti hanno la capacità di non affettare le emozioni e di essere al contrario sempre credibili. Per me una commedia può funzionare solo nella sincerità, anche quando si affrontano irrealistiche situazioni burlesche. Quando nel film Dany prende in prestito delle scarpe troppo piccole, la mette sul piano drammatico e gli credi. Stesso discorso per il personaggio dell’ex moglie di François Gautier, interpretata da Karina Marimon, o per quello del suo banchiere. Devo dire che il fatto di avere avuto Dany Boon nel cast del film mi ha dato un’enorme libertà nell’andare a cercare attori di grande talento ma forse meno scontati o conosciuti. Attori straordinari che mi hanno manifestato la loro gioia per aver avuto la possibilità di accedere a un progetto così importante. Quindi in ogni sequenza ciascuno contribuisce apportando un elemento essenziale, a prescindere dall’importanza del suo ruolo.
UN TIRCHIO QUASI PERFETTO è dunque la sua prima esperienza di commedia. Desiderava cimentarsi nel genere e sembra molto soddisfatto del risultato. Questo influenzerà le sue prossime scelte registiche?
Sinceramente mi auguro di rifare una commedia prima o poi, ma spero anche di rifare un thriller: in sostanza, spero di continuare a fare film dal momento che è la sola cosa che amo! In realtà, sono più uno spettatore che un regista: scelgo di andare a vedere un film in base al desiderio che suscita in me la trama, a prescindere dal genere a cui appartiene. Vorrei applicare lo stesso principio al mio mestiere di cineasta anche se so che non si tratta di una pratica semplice o ben recepita in Francia. Per esempio, adorerei fare un western e infatti ho chiesto al mio agente americano di inviarmi progetti di questo genere se glieli propongono. Ma sogno anche di fare un film di cappa e spada… In questo momento sto lavorando a una serie di 6 episodi di 52 minuti per Canal+ e Gaumont TV ed è la storia di un serial killer. Per quanto riguarda il cinema, spesso è l’ultimo film che uno fa a determinare il film successivo. Quando andrò a pescare in Bretagna, di sicuro nasceranno dei desideri… In tutta onestà, ho un’idea per un film di «sopravvivenza» nella natura, in mezzo alla neve, in Canada. Quindi, come dice François Gautier alla fine di UN TIRCHIO QUASI PERFETTO «poi vedremo»!