Una donna padovana di 41 anni che voleva abortire ha dovuto rivolgersi a 23 ospedali del nordest, ricevendo sempre una risposta negativa, tra l’obiezione di coscienza e la burocrazia, prima di vedersi accolta la richiesta. Un girone infernale iniziato dall’ospedale di Padova e conclusosi dopo 23 dinieghi nello stesso nosocomio della città euganea, grazie all’interessamento della Cgil, a cui la donna si era rivolta. Già madre di due figli, come riferisce ‘Il Gazzettino’, la 41enne, nonostante tutte le precauzioni per non rimanere incinta, si è accorta lo scorso dicembre di aspettarne un terzo, non atteso. Con una decisione sofferta, ha deciso di procedere all’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni, come prevede la legge 194, non prima di essersi consultata con uno psicologo. Era ormai al secondo mese avanzato e doveva fare in fretta. L’ospedale di Padova, la sua città, è stato il primo ad essere interpellato. Ma qui, come poi in altri 22 nosocomi del Veneto, del Friuli Venezia Giulia e del Trentino Alto Adige, la donna si è sentita respingere la richiesta di abortire, con giustificazioni sempre simili: ‘non c’è posto’, ‘ci sono le vacanze’, ‘sono tutti obiettori’, ‘il problema non è solo trovare un medico, ma anche un anestesista non obiettore di coscienza’, ‘si rivolga alla sua Ulss’ e così via. Stremata, ma anche preoccupata per i tempi stretti che impone la legge, la 41enne si è rivolta come ultima spiaggia alla Cgil, che è riuscita a sbloccare la situazione proprio nell’ospedale di Padova, il primo che aveva negato l’intervento. “Mi domando che senso abbia fare una legge per dare diritto di scelta e poi non mettere nessuno nelle condizioni di farlo – ha detto la donna -. Lo trovo offensivo, inutilmente doloroso”.
fonte aduc