Nell’anno in cui arriva come presidente degli stati uniti Donald Trump, l’america cerca di rivalutare e ridare nuova dignità agli afroamericani, è già successo con film come Moonlight e ha continuato anche con questo Hidden Figures – Il diritto di Contare.
Questo a differenza è tratto da una storia vera, e racconta di tre dipendenti della NASA che fanno calcoli sui voli spaziali, il cui operato che non era preso in considerazione in quanto nere, e perciò se una persona di colore raggiunge un obiettivo, come dice Kirsten Dunst, si aggiungono altri ostacoli affinchè non lo si raggiunge.
Vi sembra strano che un film racconti oggi, il problema da sempre esistito in america dei pregiudizi razziali? Assolutamente no, anche se secondo me è un problema che riguarda tutti, bianchi, neri e via di seguito, e perciò ogni essere umano deve parlarne, aldilà del colore della pelle.
Non si tratta di buonismo – che brutta parola – si tratta per lo più di capire che ci vuole qualcosa di importante per la convivenza, ovvero la civiltà e la tolleranza.
Incredibili le scene in cui una delle matematiche deve fare una lunghissima strada per poter andare in bagno, in quanto, essendo nera non può sostare nel bagno che usano tutti quanti.
In questo film c’è anche un Kevin Costner assolutamente sorprendente, che mi è piaciuto moltissimo.
Anche la storia in se non è la tipica storia strappalacrime e patetica, di tanti film usciti anche anni prima, anzi, cerca di esprimere grazie ad una sceneggiatura scritta benissimo, poche e semplicissime congetture, che rappresentavano il problema razziale degli stati uniti – che ancora negli anni sessanta non aveva superato il problema dalla guerra di secessione – problema che forse, esiste anche oggi, nonostante finalmente un afroamericano è stato presidente degli stati uniti.
Per quanto mi riguarda questo film mi è piaciuto parecchio, aldilà delle tematiche c’è da dire che naturalmente non tutti erano razzisti, e Al Harrison – Kevin Costner appunto – lo dimostra, quando butta giù il cartello del bagno che diceva che era riservato solo ai bianchi.
Nonostante le tematiche trattate non credo sia politicamente corretto, è più incentrato sul giusto, che su tematiche corrette, il che lo rende un opera che riesce a sorprendere lo spettatore.
Vi sorprenderebbe che a dirigere il film sia stato un regista bianco?
A me non di certo, e menomale che ha voluto raccontare questa storia realmente accaduta dando allo spettatore un altro sguardo, realista dell’america, post Obama.
E portandosi a casa diverse nomination all’oscar.
Anche se l’oscar è segue da sempre il politically correct, dobbiamo comunque dire stilisticamente è un film che si approccia apertamente al publico, rendendolo di facile fruizione, ma al tempo stesso è capace anche di sensibilizzare l’opinione pubblica sui pregiudizi verso gli afroamericani.
Film del genere non dovrebbero avere solo registi neri, e, fortunatamente questa volta a parlare di tali argomenti è un bianco, mi piace.
Ovviamente lo promuovo e consiglio a chi ancora non l’ha visto.
Voto: 7