L’11 maggio è stato il ventesimo anniversario dal giorno in cui a centinaia di Boscimani venne ordinato di abbandonare immediatamente le proprie case nel cuore della Central Kalahari Game Reserve (CKGR).
Fu la prima di un’ondata di sfratti effettuati dal governo del Botswana, determinato ad aprire le loro terre ancestrali all’estrazione dei diamanti e al turismo.
I Boscimani della comunità di Xade non ricevettero alcun preavviso ma solo l’ordine di lasciare immediatamente le loro case. Furono ammassati in camion e a chi si rifiutava di salire venne detto che l’esercito avrebbe aperto il fuoco.
Oltre alla forza, furono impiegate tattiche subdole: alcuni bambini boscimani e i loro insegnanti furono allontanati per primi, costringendo così i genitori preoccupati a seguirli nel campo di reinsediamento di New Xade – presto rinominato dai Boscimani “luogo di morte”.
Qui la vita – come testimoniato dai ricercatori di Survival e da molti media internazionali – era squallida. I Boscimani vivevano in tende come rifugiati e dipendevano totalmente dagli aiuti governativi.
Molti sono morti di HIV/AIDS e alcolismo introdotti dagli esterni che si riversarono nell’accampamento per approfittare del misero risarcimento in denaro ricevuto dai Boscimani.
Da cacciatori-raccoglitori con un forte senso di indipendenza e identità i Boscimani furono ridotti a una vita di noia, depressione e disperazione che continua ancora oggi.
Per molti osservatori, il trattamento disumano che il governo riserva ai Boscimani ricorda il regime di apartheid del vicino Sud Africa, dove le comunità nere venivano sistematicamente sfrattate dalle loro case per essere spostate in baracche sovraffollate alle periferie delle città.
Questo è solo l’ultimo capitolo di secoli di persecuzioni inflitte ai Boscimani dell’Africa meridionale dai coloni bianchi e dai Bantu.
In vent’anni, tuttavia, ci sono stati alcuni cambiamenti positivi. Nel 2006, i Boscimani che furono sfrattati dalla riserva nel 2002 hanno vinto uno storico processo presso la Corte Suprema del Botswana, grazie al sostegno di Survival International. La Corte ha stabilito infatti che i Boscimani erano stati sfrattati illegalmente, e che avevano il diritto di vivere e cacciare nella riserva.
Oggi centinaia di Boscimani hanno lasciato gli odiati campi di reinsediamento e sono ritornati a casa. Tuttavia, continuano a subire violenze, pestaggi e torture da parte dei guardaparco quando esercitano il loro diritto alla caccia.
Come spiega il portavoce boscimane Jumanda Gakelebone: “I Boscimani non sono bracconieri. Noi cacciamo per sopravvivere, non uccidiamo animali in grandi quantità. Prendiamo ciò che ci serve per sopravvivere.”
Le famiglie sono ancora smembrate poiché il governo sostiene che solo le singole persone che hanno preso parte al processo alla Corte Suprema possono tornare a vivere nella CKGR. E quando i loro figli compiono 18 anni devono richiedere un permesso per poter visitare le famiglie all’interno della riserva. Questo causa grandi difficoltà e sofferenze.
I Boscimani temono che la loro terra possa essere aperta a ulteriori esplorazioni senza il loro consenso. Infatti, nonostante la miniera di diamanti nella comunità boscimane di Gope sia stata di recente ridimensionata, il mese scorso il governo ha accordato nuove licenze per la prospezione di diamanti a una joint venture mineraria russo-britannica.
Negli ultimi anni il governo ha anche rilasciato licenze per effettuare il fracking nella CKGR.
“Autorizzare le compagnie a estrarre risorse naturali ci danneggia e viola i nostri diritti umani” ha detto un Boscimane a Survival.
Survival continua la sua campagna in difesa dei diritti dei Boscimani; nel 2016, in occasione del cinquantesimo anniversario del paese, ha lanciato una campagna internazionale per mobilitare l’opinione pubblica.
Fonte: www.survival.it