La condanna di una giovane salvadoregna a 30 anni di carcere, accusata di omicidio per aver abortito dopo essere stata vittima di una violenza, e’ stata denunciata come ingiusta da parte di un collettivo femminista che ricorrera’ in appello.
“La condanna e’ ingiusta e faremo appello. Questo caso pone in evidenza il pregiudizio che esiste e con cui si mette in atto la giustizia”, ha dichiarato all’agenzia AFP Morena Herrera, del Agrupación Ciudadana por la Despenalización del Aborto Terapéutico, Ético, y Eugenésico (ACDATEE), in riferimento alla sentenza di mercoledi’ 5 luglio.
Evelyn Hernández, una studentessa che ora ha 19 anni, rimase incinta in seguito ad uno stupro, ma non presento’ denuncia perche’ minacciarono di ucciderle la madre.
La donna e’ stata condannata lo scorso 5 luglio “senza nessuna prova diretta” e senza che il tribunale prendesse in considerazione la perizia degli esperti della Procura -secondo Herrera.
“L’hanno condannata solo con indizi e questo significa che non e’ stato fatto un debito processo. Un processo giusto e’ quello che quando c’e’ un ragionevole dubbio, quest’ultimo deve essere a favore dela persona imputata, ma la giudice ha sorvolato sostenendo che si trattava di un reato famigliare”, ha detto la dirigente della ACDATEE.
Il Tribunale della localita’ di Cojutepeque ha condannato la Hernandez per il sospetto omicidio di suo figlio nato di recente, lo scorso 6 aprile 2016 in una comunita’ rurale del municipio di El Carmen, nel dipartimento centrale di Cuscatlàn.
Evelyn aveva partorito in un bagno artigianale della sua casa un bimbo di otto mesi e fu portata all’ospedale di Cojutepeque, dove i medici presero atto che c’era stato un parto e ne informarono le autorita’.
La polizia, secondo il tribunale, si presento’ nella sua casa e trovarono il corpo, a cui fu fatta un’autopsia che stabili’ che aveva 32 settimane di gestazione e che era morto di polmonite. La difesa di Evelyn fece presente che c’era stata una gravidanza asintomatica e che il bambino era nato morto. L’avvocatessa della difesa, Bertha Deléon, durante il processo ha fatto presente che il ritiro del corpo da parte della polizia aveva determinato la compromissione di prove.
El Salvador e’ una delle poche nazioni al mondo che punisce fino a 40 anni di carcere le donne che abortiscono, anche quando lo fanno per complicazioni durante la gravidanza.
Il caso di Evelyn si aggiunge a quello di altre 17 donne che sono in carcere in El Salvador scontando pene di circa 30 anni per aborti che in molti casi sono stati spontanei e che invece sono stati qualificati come omicidi gravi.
La severita’ della legislazione salvadoregna era venuta alla luce in tutto il mondo nel 2013 con il caso di Beatriz, una giovane di 22 anni che soffriva di lupus e alla quale fu impedito di abortire un feto che si era sviluppato senza cervello e senza possibilita’ di sopravvivere al parto. Il 3 giugno del 2013, grazie all’intervento della Corte Interamericana de Derechos Humanos, lo Stato di El Salvador autorizzo’ che a Beatriz fosse praticato un parto cesareo temporaneo e il nato mori’ poche ore dopo.
Da ottobre del 2016 il Congreso di El Salvador sta esaminando una proposta per depenalizzare l’aborto, ma il dibattito va molto a rilento grazie all’opposizione dei partiti di destra.
(da un lancio dell’agenzia France Press – AFP del 08/07/2017 – fonte aduc)