L’associazione Luca Coscioni lancia il proprio appello “alle forze politiche laiche e progressiste” per una revisione dell’articolo 580 del codice penale sull’istigazione o aiuto al suicidio che punisce “chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione”, con pene fino a 12 anni in caso di morte. La proposta del consigliere generale dell’associazione, Carlo Troilo, è quella di introdurre delle cause di non punibilità in un nuovo comma in cui venga stabilito che “l’aiuto al suicidio non è punibile se ricorrano le seguenti condizioni: a) il richiedente è un malato terminale o senza speranza di guarigione, con insopportabili sofferenze fisiche o psichiche; b) il richiedente, nel pieno delle proprie facoltà mentali, dichiara di voler essere aiutato a morire; c) chi presta il proprio aiuto a morire non ha alcun movente economico ed agisce esclusivamente per motivi compassionevoli”. Nell’attuale formulazione la norma prevede che se la persona è priva della capacità d’intendere o di volere “si applicano le disposizioni relative all’omicidio”.
Il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, era stato accusato proprio di aiuto al suicidio per la morte di Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, che aveva accompagnato nel febbraio scorso in una clinica svizzera dove si pratica il suicidio assistito. Il 10 luglio il gip di Milano Luigi Gargiulo ha bocciato la richiesta di archiviazione inoltrata dalla Procura di Milano nei confronti dell’esponente radicale, che si era autodenunciato ai carabinieri. Il giudice ha imposto alla Procura di formulare un’imputazione coatta, atto che precede una richiesta di rinvio a giudizio. Secondo il gip, Fabo, cieco e tetraplegico dopo un incidente,si sarebbe determinato con Cappato alla “dolce morte” trovata in Svizzera. Per Cappato scatta quindi l’accusa di “rafforzamento al suicidio” oltre che di aiuto.
“In una prima fase i pm milanesi avevano evidenziato l’irrazionalità palese dell’articolo 580 del codice penale, una norma scritta in epoca fascista che non tiene conto della Carta costituzionale e del diritto internazionale, oltre a non prevedere cause di esclusione della punibilità e dunque l’irrilevanza penale dell’agevolazione al suicidio assistito per persone nello stato di Fabiano”, afferma l’associazione Luca Coscioni in una nota. “Anche nel caso DJ Fabo, come nel caso Welby, si confrontano, all’interno della magistratura, due posizioni: una che interpreta i valori costituzionali ed europei in senso progressista e un’altra in senso conservatore. Ci auspichiamo che nel prosieguo del giudizio, la certezza del diritto, al di là delle posizioni interpretative, possa prevalere, come appunto è avvenuto nel caso Welby”, conclude l’associazione.
fonte aduc