Parto subito dalla polemica, tanto per togliermela dalle scatole. Nel nostro paese in questi giorni è rimbalzata la storia di Noa Pothoven, per mezzo dei giornali italiani, che hanno copiato una notizia dal DAILY MAIL, un tabloid inglese che lancia bufale un tanto al chilo.
I giornali italiani hanno riportato, senza verificarne l’autenticità, la morte per eutanasia di Noa Pothoven, peccato che l’eutanasia non c’entra una “beata mazza”! L’unica eutanasia è quella di una professione, come quella giornalistica in Italia, che oramai, nella maggior parte delle volte, è sintomo di scarsa professionalità ed è alla continua ricerca della notizia che può alimentare “paranoie, dibattiti superficiali, discussioni a perdere sui social ed elucubrazioni masturbatorie da quattro soldi di presunti esperti”. Tutti hanno detto o scritto sul “caso di eutanasia”. Che immensa tristezza!
Noa Pothoven è stata uccisa dalla violenza e dalla depressione. E’una vittima innocente di ripetuti stupri, verso la quale bisogna avere rispetto. Rispetto che passa attraverso la verità.
Noa era una ragazza nota in Olanda, perché aveva avuto il coraggio di raccontare nel suo libro “Winnen of leren” (“Vincere o imparare”) le violenze sessuali che aveva subìto e la sua sofferenza. Una sofferenza così profonda da rederla prigioniera della depressione, dell’anoressia e dell’autolesionismo.
Noa era stata violentata per la prima volta a soli 11 anni durante una festa della scuola, poi di nuovo un anno dopo, e poi ancora da due uomini quando aveva 14 anni, in un vicolo della sua città.
Atti di violenza che hanno “sporcato” la sua anima fragile ed il suo corpo. Che hanno reso la sua esistenza prigioniera della paura, lei stessa scriveva: “Rivivo quella paura e quel dolore ogni giorno”.
La sua è stata una storia fatta di lunghi ricoveri forzati in ospedali e centri specializzati, per impedire che si suicidasse, poi lo scorso dicembre Noa aveva contattato autonomamente una clinica dell’Aja, per verificare se fosse idonea all’eutanasia o al suicidio assistito. Le avevano risposto di no. “Pensano che io sia troppo giovane per morire. Pensano che dovrei portare a termine il percorso di recupero dal trauma e aspettare che il mio cervello si sviluppi completamente. Non accadrà fino a quando non avrò 21 anni. Sono devastata, perché non posso più aspettare così tanto”. Queste le sue parole.
Noa è stata uccisa dalla violenza, quella violenza che le ha tolto tutto, anche la voglia di vivere. Noa non è riuscita a combattere la depressione, un male che colpisce tantissime persone. Noa è una ragazza alla quale la vita è stata rubata. Ora è il caso di non “violentare” la sua storia con bugie e notizie sparate per far clamore, di non brutalizzare la sua memoria ed il dolore della sua famiglia.