È del lontano 2014 la sentenza della Corte di Giustizia Europea in tema di diritto all’oblio applicato al web; mentre in Europa del tema si discute da anni, da noi non c’è stato un vero dibattito, fatto salvo alcuni accenni a proposito della discussa riforma Cartabia. Attualmente la possibilità di “cancellare” articoli sul web rischia di essere lasciata alla discrezione di un impiegato di Google.
In un’epoca digitale in cui le ricerche online sono ormai di prassi non appena si conosce una persona è fondamentale una regolamentazione univoca sulla possibilità di cancellare dal web contenuti e link inesatti o non più attuali.
Il diritto all’oblio applicato al web, presentato da alcuni giornali italiani come un fatto “nuovo”, è stato sancito dall’Unione Europea parecchio tempo fa, e viene già utilizzato da anni, come uno strumento assolutamente normale.
“Alla riforma Cartabia, possiamo attribuire il merito di aver finalmente introdotto per la prima volta il diritto all’oblio nel dibattito pubblico – spiega Enea Trevisan Ceo e founder di Ealixir Inc. – ma il discorso è attualmente ancora troppo parziale e incompleto: il punto centrale, non ancora affrontato, è cosa bisogna fare nei confronti del colpevole e non dell’innocente, e soprattutto quale dev’essere il rapporto degli individui con il proprio passato, in quale misura gli individui hanno il diritto di rifarsi una vita una volta saldato il loro debito con la Giustizia”.
Una questione anch’essa molto discussa riguarda quanto il diritto all’oblio limiti la libertà di stampa “Il diritto all’oblio non limita in alcun modo la libertà di stampa. – prosegue Trevisan – I media sono liberi di informare e di scrivere ogni fatto relativo a qualunque individuo del mondo. Tuttavia, passata l’attualità di una notizia, ovvero quando la notizia stessa non costituisce più motivo di interesse pubblico, il diritto all’oblio sancisce il diritto dell’individuo oggetto della notizia – che non ricopre una carica pubblica – a tutelare la propria privacy, impedendo che quella stessa notizia lo perseguiti a vita”.