Un treno attraversa lento il cuore della Bosnia Erzegovina: Sarajevo, Tuzla, Srebrenica, Konjic, Mostar. Donne, religione, guerra, violenza, arte lanciati sullo schermo come dadi su una scacchiera o giocati alla roulette russa. In palio vita o morte, verità o menzogna. La macchina da presa indaga dietro il ritrovato ordine delle cose. Fin dove può giungere lo sguardo per conoscere? Una scuola di danza, i corridoi della facoltà di pedagogia islamica, le aule di musica rock, la collina di Medjugorjie, sono i luoghi da cui i personaggi muovono l’inchiesta. Ma come è possibile chiedere ai carnefici o alle vittime conto di un orrore? La guerra non ha un volto di donna. Non è successo niente in Bosnia Erzegovina. Niente.
Si va in Bosnia per perdere i propri confini (mentali). Per acquisirne di nuovi. Vi si entra chiedendo il permesso, preoccupandosi di fare attenzione a non innervosire nessuno, di togliere le scarpe e premunirsi di lavarsi le mani e i piedi prima di entrare in moschea e in men che non si dica si finisce su quella giostra che dopo ripetuti giri ci riporta al punto di partenza.
La Bosnia è un luogo di frontiera. Ma quale frontiera? Frontiera di accesso per i musulmani in Europa? Per i cattolici spinti a Est che vorrebbero insinuarsi nelle terre storicamente governate dalla Chiesa d’Oriente? Frontiera di un’Europa che latita, frontiera d’Oriente e Occidente, di scismi ed eresie. O terra di nessuno, dei bosniaci. E basta. Lasciati soli e, talvolta, fieri di esserlo.
Il libro di Leone mi offriva la struttura su cui far scivolare i miei pensieri, le mie visioni, i miei incanti, i miei innamoramenti.
Schermito di fronte alla morte, rinascevo improvvisamente sulle note di un pianoforte toccato dalle dita di una bambina o col sorriso di una ragazza avvolta in un velo color porpora. Se la natura è neutrale le immagini non lo sono. Il primo intento era quello di indagare in quel groviglio di interessi politici, etnici, religiosi e criminali.
Bosnia Express è la terza tappa di una trilogia iniziata nel nel 2003 con ‘La rosa più bella del nostro giardino’, proseguita nel 2004 con ‘Adisa o la storia dei mille anni’, un’avventura nella notte balcanica inseguendo la danza immobile dei carretti fantasma popolati da zingari impauriti che avevano smesso di ridere.
Con Bosnia Express mi sono illuso di avere in mano il biglietto per documentare le scorribande, le innumerevoli atrocità, le complicità perpetrate a vari livelli. Ma ho finito per arrendermi di fronte ai volti di donna che mi fornivano un’altra verità. Se vuoi capire cosa è successo in ex-Yugoslavia guarda nei nostri volti. Ma la guerra non ha un volto di donna! Nel documentario, la parola, il commento, che inizialmente volevo banditi, sono stati uno strumento fondamentale per raccontare i mille interrogativi. Le immagini da sole non erano sufficienti a restituire quella complessità che percepivo alla fine di ogni giornata di riprese quando assistevo sconfitto al giudizio dei bosniaci che nemmeno tanto celatamente mi guardavano convinti di veder crollare l’ennesimo straniero giunto fin lì con tutte le buone intenzioni.
Il documentario assume di volta in volta la forma di un diario intimo alternando rappresentazione, racconto e metafora, fra tragedia, ironia e poesia legate insieme da un filo sottilissimo.
Un film pieno di interrogativi che il suo autore gira direttamente agli spettatori per riannodare i fili della Storia e vincere le lusinghe dei luoghi comuni rischiando di perdersi innumerevoli volte all’interno della giostra balcanica.
Tratto liberamente dal libro “Bosnia Express” di Luca Leone – Infinito Edizioni
Prodotto da Marta Bifano, Francesca Pedrazza Gorlero – Loups Garoux Produzioni
Paola Traverso, Massimo D’orzi – Il Gigante
In associazione con Luce-Cinecittà
Con Clio Bosiglav, Eva Tomat, Amina Moćević, Amina Hodžić, Nikolina Vujic, Kanita Focak, Sara Lazar, Ansambl Iskre of Tuzla
Montaggio Paola Traverso
Assistente alla regia Ado Hasanović
Direttore della fotografia Armin Karalić
Suono di presa direttaAdriano Alampi, Luca Bertolin e Kenan Hadžimusić
Assistente alla produzione Jessica Incorvaia
Distribuzione Italia: Luce-Cinecittà