In Italia è possibile conservare le cellule staminali da sangue cordonale per uso autologo-dedicato al neonato o ad un consanguineo, come da decreto ministeriale del 18 novembre 2009, presso le banche di sangue placentare esistenti sul territorio nazionale, solo quando il nascituro o un suo consanguineo presenta, o al momento del parto o in epoca pregressa, una patologia per la quale il trapianto di cellule staminali emopoietiche è clinicamente valido oppure quando nella famiglia c’è il rischio di una malattia geneticamente trasmissibile a futuri figli per la quale il trapianto è una pratica scientificamente appropriata, ma solo per 10 anni quando l’evidenza scientifica attesa l’utilizzo di cellule staminali entro i 23 anni e 5 mesi, perché questa discrepanza?
A raccontarcelo è la signora Francesca (nome di fantasia) che si è trovata a fare i conti con questo problema, “Nel 2005, quando è nata mia figlia, il servizio sanitario nazionale dava la possibilità di conservare il sangue cordonale per uso autologo e in modo gratuito. La mia famiglia e quella di mio marito hanno una predisposizione per essere colpiti da malattie sistemiche. All’epoca ci hanno dato la possibilità di usufruire di questa possibilità e per 10 anni il campione di mia figlia è stato conservato gratuitamente presso una struttura pubblica”.
Cosa succede dopo 10 anni? “Oltre questo periodo il SSN non prevede il mantenimento del campione, nonostante esiste ancora la possibilità di poterlo utilizzare, essendo una patologia presente nella nostra famiglia, ma purtroppo i costi sono troppo elevati. Se il servizio sanitario volesse davvero dare un servizio ai cittadini – prosegue Francesca – dovrebbe dare più di 10 anni di conservazione. Sarebbe doveroso chiedere una regolamentazione in linea con la ricerca scientifica, che attesta l’utilizzo di cellule staminali per trapianti oltre 23 anni. Per me questo è un regalo della massima utilità che faccio a mia figlia, che oggi ha 15 anni e che quindi ne potrebbe avere bisogno nel futuro”.
Questa è la storia di Francesca, che si è trovata a dover decidere se tenere o lasciar buttare questo campione, possibilità sicura nel caso non lo avesse ritirato, lei come tante altre famiglie si sono trovate in questa condizione.
“Quando Francesca ci ha chiamati chiedendoci supporto nella conservazione del campione di cellule staminali da cordone ombelicale del suo bimbo non abbiamo esitato. – spiega Luana Piroli – direttore generale e della raccolta di InScientiaFides – La patologia di cui è affetta la famiglia può esprimersi in qualunque momento della vita dell’individuo. Abbiamo quindi provveduto al recupero del campione presso la biobanca pubblica in cui era conservato il campione dove diversamente sarebbe stato buttato e lo abbiamo riqualificato (valutato vitalità cellulare) prima di procedere alla conservazione. Ora il campione è al sicuro presso la nostra Biobanca. La conservazione autologo – famigliare offre una grande opportunità alle famiglie che hanno predisposizioni a sviluppare quelle oltre 70 patologie indicate nel decreto ministeriale per cui lo stesso Ministro della Salute ne consiglia la conservazione sulla base delle indicazioni cliniche. Va però garantito un servizio nel tempo e non solo per 10 anni. A questo proposito una collaborazione fra pubblico e privato consentirebbe a molte più famiglie di accedere al servizio ed avere il proprio campione a disposizione per gli anni riconosciuti dall’evidenza scientifica.”
Ad oggi la rete nazionale di biobanche dedicate alla conservazione di cellule staminali si trova in disequilibrio con le priorità messe in rilievo dal PNR 2021 – 2027 che indica come necessaria un’integrazione e collaborazione urgente tra il sistema pubblico e privato, evidenziata in tutto il programma per incrementare i nodi nazionali della rete di biobanche italiane e poter dunque fare da cardine indirizzando scelte terapeutiche, per il followup e il monitoraggio della terapia in una prospettiva di Medicina Personalizzata.
Le biobanche, ad oggi sono ritenute uno stimolo importante per rafforzare la competitività ed il prestigio dei programmi di ricerca svolti a livello nazionale solo se collegate in rete con requisiti generali di competenza, controllo qualità e sistemi gestionali per garantire la conservazione e l’erogazione di materiali biologici e dati associati secondo livelli di qualità appropriati.
La collaborazione pubblico-privato necessita di un urgente intervento normativo. Appare ormai improcrastinabile, dunque, per il legislatore italiano intervenire con una profonda riforma normativa del settore, affiancando alle strutture pubbliche accreditate, già da tempo operanti sul territorio nazionale, anche strutture private accreditate e certificate.
La biobanca InScientiaFides accreditata FACT-NetCord (Netcord Foundation for the Accreditation of Cellular Therapy), chiede una regolamentazione e una maggior tutela per salvaguardare il settore, garantendo al tempo stesso la tutela dei campioni biologici, delle cellule staminali e lo sviluppo della ricerca finalizzata alla medicina di precisione.