In un contesto economico e culturale ormai caratterizzato dal progresso tecnologico, sono notevolmente cambiate le modalità di scambio di beni, servizi e attività finanziarie. Non è più un caso quello di avere la possibilità di pagare una prestazione o un bene con le c.d. valute virtuali, conosciute anche come criptovalute, tra le quali la più diffusa è sicuramente il bitcoin. Le criptovalute rappresentano una nuova tappa dell’evoluzione economica, ma portano con sé non pochi pericoli e incertezze. Infatti, nonostante la crescente diffusione in diversi settori economici e finanziari, le valute virtuali sono connesse, non solo a meccanismi di difficile comprensione, ma anche ad una certa incertezza giuridica, ad una mancanza di vigilanza e all’assenza di una normativa fiscale adeguata.
Falliscono così gli asset digitali, perché mentre continua il boom nella creazione di criptomonete, molte finiscono su un binario morto tra truffe e scarsa solidità tecnologica. Il fenomeno si chiama “Dead coin”, cioè le criptovalute defunte, fallite, che hanno cessato di esistere. È un fenomeno di cui si parla poco. L’attenzione, infatti, è spesso sull’aspetto opposto, sul boom di nascite dei token. Coinmarketcap indica, ad oggi, oltre 19.600 criptos a fronte dei circa 16.300 asset digitali di inizio anno. Sennonché, anche a causa della stessa esplosione del numero di progetti, c’è chi non ce la fa. Chi resta in vita per un po’ e poi sparisce.
Andrew Rhodes, amministratore delegato della Gambling Commission del Regno Unito, ha aperto il dibattito cercando di inquadrare la situazione attuale del settore e ponendo l’attenzione sulle sfide che si trovano ad affrontare i regolatori del gaming. Il punto, secondo Rhodes, sarebbe, oltre alla necessità di garantire la tutela dei consumatori dai rischi del gioco d’azzardo, anche quello di fare qualcosa di fronte al dilagare di nuove offerte di consumo e investimento che vengono proposte ai cittadini, cioè il trading online e le nuove tecnologie sempre più diffuse ma effettivamente prive di regolamentazione specifica.
Infatti, Rhodes sottolinea come: “L’entrata in vigore del decreto Dignità, nel vietare ogni forma di pubblicità e promozione del gioco a vincita, ha spalancato le porte di stadi e squadre di calcio o altro sport al mondo del trading – prima – e delle criptovalute oggi: due mondi non ancora regolamentati e spesso addirittura al limite della legalità, che spopolano ormai sulle maglie di tanti club sportivi”.
“Per una vera e propria beffa, alla luce del sole e sotto gli occhi di tutti: anche di quelli che continuano a inveire contro il settore del gioco, dimenticando tutto quello che c’è attorno, palesemente fuori controllo”, conclude l’AD della Gaming Commission.