Il cinema splatter, noto anche come gore, è un sotto-genere cinematografico, di solito legato al cinema horror. È basato sull’estrema realisticità degli effetti speciali, che descrivono lo schizzare del sangue (“To splat”, in inglese) o la lacerazione dei corpi umani, con conseguente fuoriuscita di interiora. Spesso dal realismo si è passati all’esagerazione, allo scopo di disgustare o anche di far ridere gli spettatori (in questo caso, in Italia, in gergo si parla di “effettacci”).
Nato essenzialmente nell’ambito dell’exploitation, come fenomeno per attirare il pubblico curioso, nelle mani di alcuni talentuosi registi il cinema splatter si è trasformato in una “forma artistica” peculiare, che ha mostrato la debolezza del corpo umano soprattutto in un momento storico, gli anni ottanta, in cui la perfezione fisica e l’edonismo erano considerati simboli di scalata sociale.
Il termine “cinema splatter” è stato coniato per la prima volta dal regista statunitense George Romero, per descrivere il suo film Zombi, diretto nel 1979.
Il cinema splatter trae ispirazione dalle tavole anatomiche rinascimentali, che mischiavano realismo e fantasia, dalle illustrazioni di torture dei martirologi del 500, ma soprattutto dal teatro parigino Grand Guignol, specializzato dal 1897 al 1963 in spettacoli macabri, violenti ed esagerati. Il Grand Guignol metteva in scena i delitti più efferati, mischiandoli con il grottesco. Inoltre alcuni registi del cinema splatter sono stati influenzati dai fumetti violenti pubblicati negli anni cinquanta dalla EC Comics.
L’apparizione dello splatter nel cinema si può far risalire ad Intolerance, diretto da David Wark Griffith nel 1916, che presenta numerose sequenze violente quali decapitazioni e altre scene di violenza grafica come una lancia che si conficca nel ventre di un soldato, accompagnata da abbondanti schizzi di sangue.
Uno dei primi esempi di film splatter è considerato Blood Feast, del 1963, diretto da Herschell Gordon Lewis. Il film narra la storia di un uomo che uccide belle ragazze e ne conserva pezzi del corpo per resuscitare una dea. Girato in nove giorni, con un budget di 30.000 dollari, il film riscosse un enorme successo, scioccando il pubblico dell’epoca, non abituato a certe scene estreme quali un cuore estratto dal petto, arti smembrati e una lingua strappata, e divenendo negli anni un cult movie. Lewis in seguito si specializzò in film splatter, dirigendo film come Two Thousand Maniacs!, A Taste of Blood, The Gore Gore Girls e Blood Feast 2.
Il film che fece conoscere definitivamente lo splatter fu La notte dei morti viventi, diretto da Romero nel 1968. Girato in bianco e nero con un budget ridotto, il film è divenuto un classico e presenta sequenze di cannibalismo mai viste prima di allora sugli schermi statunitensi.
Negli anni settanta il cinema horror statunitense scoprì definitivamente lo splatter, grazie a una serie di registi come George Romero, Wes Craven e Tobe Hooper. Lo splatter venne inserito in dosi massicce in questi film, come reazione alle violenze della Guerra del Vietnam e come conseguenza del grande periodo di ribellione e cambiamento in atto nella società statunitense di quegli anni. I film di questi registi, conosciuti anche con il termine “New Horror”, rientrano anche nel cosiddetto periodo della New Hollywood, attraversato dal cinema statunitense dal 1967 al 1979.
Film come La notte dei morti viventi, L’ultima casa a sinistra, Non aprite quella porta, Zombi e Le colline hanno gli occhi presentano molte scene splatter, atte non solo a disgustare il pubblico (come i film di Lewis), ma anche a farlo ragionare e riflettere sulla violenza presente nella società reale.
Il cinema splatter esplose definitivamente negli anni ottanta, grazie a film diretti da registi quali Sam Raimi (La casa e La casa 2), Peter Jackson, (Fuori di testa), Brian Yuzna (Society – The Horror), David Cronenberg (Scanners e La mosca) e Lloyd Kaufman (fondatore della celebre casa di produzione indipendente Troma e autore con l’amico Michael Herz di film splatter come Il vendicatore tossico e i tre sequel, Tromeo and Juliet e Terror Firmer).
Lo splatter degli anni ottanta è fortemente contaminato con il cosiddetto body horror, ossia un cinema che narra delle deformità fisiche del corpo umano, e segna l’avvento definitivo, totalizzante e provocatorio dello splatter come principale sotto-genere dell’horror. I film splatter degli anni ottanta sono anche contaminati con il grottesco e con l’iperrealismo: la dissezione dei corpi viene mostrata in dettaglio, accompagnata da un’ilarità provocatoria e repellente.
Negli anni novanta il cinema splatter perse il suo fascino provocatorio, superato dal nuovo horror ironico inaugurato nel 1996 da Scream, diretto da Wes Craven.
Tuttavia, gli anni ‘90 sono anche il tempo del capolavoro splatter / demenziale di Peter Jackson, Splatters – Gli schizzacervelli, del 1992.
Negli anni duemila il cinema splatter è ritornato prepotentemente di moda, soprattutto dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 e la scoperta delle torture inflitte dai soldati statunitensi ai prigionieri di Abu Grahib e Guantanamo. Questa nuova stagione del cinema splatter è stata definita dal critico cinematografico del New York Magazine David Edelstein come “Torture Porn”, evidente riferimento alla pornografia presente in questi film, non ovviamente per quanto riguarda le scene di sesso ma per il fatto che i “Torture Porn” mostrano ogni atto di tortura senza stacchi e censure, proprio come un film porno fa nei confronti del sesso.
Il film che inaugura il “Torture Porn” è considerato Saw – L’enigmista, diretto nel 2004 da James Wan, mentre il film che ha portato il genere alla ribalta è considerato Hostel, diretto da Eli Roth nel 2006. I film inseriti in questo genere sono, oltre ai due precedentemente citati, Saw II – La soluzione dell’enigma, Saw III – L’enigma senza fine, Saw IV, Hostel: Part II, La casa dei 1000 corpi, La casa del diavolo, The Descent – Discesa nelle tenebre, Wolf Creek, Le colline hanno gli occhi e Captivity.
I registi considerati i maggiori esponenti del “Torture Porn” sono stati definiti dal critico Alan Jones come appartenenti allo “Splat-Pack”,[6] e sono: Eli Roth, Rob Zombie, Alexandre Aja, James Wan, Darren Lynn Bousman, Greg McLean e Neil Marshall. Le peculiarità principali che legano questi registi sono l’essere stati dei pionieri del genere, l’assoluta assenza di ironia nei loro film e il fatto di aver riproposto dopo anni una violenza grafica dettagliata e provocatoria.