Il mineralologo russo Leonid Alekseevič Kulik credette di identificare il luogo dell’impatto in una foresta abbattuta presso il bacino del fiume Podkamennaja Tunguska alle coordinate 60° 53′ 40″ di latitudine Nord e 101° 53′ 40″ di longitudine est.
Tra il 1927 e il 1939 Kulik organizzò 4 spedizioni, ma non fu mai trovato il cratere o altre evidenze dell’impatto.
Per iniziativa di Kulik, e sotto la sua direzione, fu realizzata nel 1938, la prima ripresa aerofotografica della zona colpita dalla catastrofe.
Le stesse foto della foresta abbattuta, fatte da Kulik nel 1927 e 1928, non sono prove convincenti: vi si vedono tronchi abbattuti in perfetto stato di conservazione dopo 20 anni dall’evento, mentre gli unici alberi ancora in vita sono giovani alberelli che possono avere al massimo pochi anni di vita, l’aspetto è quello di una normale foresta appena abbattuta dai boscaioli. La foresta fotografata da Kulik probabilmente fu abbattuta dagli abitanti del luogo, gli evenki, per fare il pascolo per le renne, costruire le loro caratteristiche capanne coniche fatte di tronchi e procurarsi legna da ardere.
Tra le altre evidenze: i crateri si dimostrarono essere una formazione naturale del luogo dovuta al disgelo, e un grosso masso identificato con il meteorite fu riconosciuto come un masso morenico. Kulik e i suoi collaboratori comunque si impuntarono nell’affermazione di aver trovato il luogo esatto per non mettere a rischio la loro reputazione di scienziati.
Nonostante la mancanza assoluta di prove oggettive che identificano quel luogo come l’origine dell’evento del 1908, sono state organizzate numerose spedizioni scientifiche dal 1950 fino ai nostri giorni. Mediante sofisticate analisi chimiche è stata rilevata la presenza di polveri con elementi rari come Nichel ed Iridio che peraltro si possono ritrovare in natura, specie in zone vulcaniche e in formazioni geologiche antiche come in quel luogo. Ancora oggi si possono osservare in quella foresta vecchi tronchi d’albero abbattuti e sradicati, che peraltro sono presenti comunemente in qualsiasi foresta naturale non frequentata dall’uomo, altre particolarità che potrebbero far pensare alla catastrofe non si notano.
A partire dal 1991 il dipartimento di fisica dell’Università di Bologna ha intrapreso una serie di spedizioni in Siberia allo scopo di studiare in loco l’evento e raccogliere campioni da analizzare in laboratorio. La spedizione è costituita da esperti in varie discipline, tra le quali geodinamica, scienze marine, geofisica, geochimica, paleobotanica, provenienti da varie università italiane e russe.
Le ricerche, tuttora in corso, hanno permesso di ricostruire una mappa più dettagliata sull’orientamento centrifugo degli alberi abbattuti ed il riconoscimento di anomalie negli anelli di crescita degli alberi in corrispondenza dell’anno 1908.
Le ricerche indicherebbero come localizzazione del cratere d’impatto del meteorite il lago Cheko, situato a circa 8 km a nord-ovest dall’epicentro stimato dell’esplosione, La morfologia del lago, la struttura dei sedimenti suggeriscono che questo lago sia il sito d’impatto di un meteorite. Il fatto che testimoni oculari dell’evento ricordino il fiume Kimchu, ma nessuno nomini il lago Cheko, confermerebbe l’ipotesi che il lago si sia formato in seguito all’evento di Tunguska. È strano però notare come intorno all’area non siano comunque stati ritrovati reperti di nessun tipo che possano essere ricollegati allo scoppio di un meteorite o di una cometa.
L’evento di Tunguska ha alimentato una ricca letteratura pseudoscientifica viva ancor oggi: attorno alle cause sono stata avanzate numerose ipotesi implicanti UFO, l’antimateria, i buchi neri o altri fenomeni mai dimostrati.