Molte strutture sono state costrette a chiudere a causa dell’emergenza aviaria, e Bruxelles ha permesso loro di mantenere la dicitura per evitare un crollo delle vendite.
Galline prigioniere ma le loro uova restano etichettate come da “allevamenti all’aperto”. Lo consente l’Unione europea, che ammette delle deroghe sempre più ampie quando la reclusione degli animali è dovuta a ragioni sanitarie, per evitare il propagarsi dell’influenza aviaria. In questo modo sugli scaffali le uova prodotte nell’Ue possono continuare ad essere etichettate come “ruspanti”, nonostante i volatili non siano in molte strutture più ammessi all’esterno. Questa situazione nasce da un’esigenza reale ma potrebbe però dare adito a frodi o a situazioni ambigue.
Questo perché la Commissione europea ha presentato un piano per eliminare il limite di tempo alla commercializzazione di queste uova, dato che i focolai di influenza aviaria stanno diventando sempre più aggressivi e duraturi. L’Europa quest’anno ha vissuto la peggiore epidemia mai registrata con l’abbattimento di oltre 46 milioni di uccelli negli allevamenti del vecchio continente. Mentre negli anni passati i focolai tendevano a ridursi con il clima più caldo, riprendendo nei mesi autunnali all’avvio delle migrazioni, adesso invece durano molto più a lungo, con le chiusure protrattesi fino ad agosto ed oltre dieci mesi in alcune parti dei Paesi Bassi.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’influenza aviaria non è più solo una minaccia stagionale , ma in grado di circolare tutto l’anno in Europa e la cui possibilità di trasmissione agli esseri umani sta diventando più facile. Nel frattempo si studia nei laboratori la possibilità di produrre un vaccino che la contrasti. In attesa di una soluzione radicale, agli agricoltori sono stati concessi periodi sempre più lunghi per classificare i prodotti in modo diverso. Al momento hanno a disposizione 16 settimane (in precedenza 12), durante le quali le uova possono continuare a essere commercializzate come allevamento all’aperto anche se è in vigore un obbligo di reclusione dei volatili.
Al termine di questo periodo, le uova di galline allevate ufficialmente all’aperto, ma in realtà recluse, dovevano recare un’etichetta che le qualificava come “uova da stalla”, il termine per le uova di galline tenute al chiuso permanentemente. Bruxelles teme però un crollo del settore e per questo propone nuove regole, in base alle quali i produttori non dovrebbero più modificare le etichette a prescindere dall’estensione del periodo di chiusura delle galline per ragioni sanitarie. In cambio viene chiesta però una riduzione della densità dell’allevamento.
Nella bozza di proposta della Commissione si legge: “Laddove sono state imposte restrizioni temporanee sulla base della legislazione dell’Unione [europea], le uova possono essere commercializzate come ‘allevate all’aperto’ nonostante tale restrizione”. I produttori del Regno Unito, come riporta il The Guardian, vorrebbero che il governo britannico imitasse la misura dell’Ue.
(Agrifoodtoday.it)
Uova “allevamenti all’aperto”… le deroghe dell’Europa. Galline prigioniere…
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