Per garantire il buon funzionamento dell’Unione Europea, alla coesione economica, sociale e territoriale – obiettivi chiave elencati nell’articolo 174 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea) che mirano a ridurre le disparità strutturali tra le regioni per dare pari opportunità a tutti gli individui dei Paesi UE – diventa fondamentale aggiungere anche la coesione digitale. E’ stata argomentata il 12 ottobre in assemblea plenaria del Comitato europeo delle Regioni (CdR), a Bruxelles, l’opinione sul tema avanzata da Gaetano Armao, componente del Comitato e Presidente dell’intergruppo sull’insularità del CdR.
I diritti e i principi sui quali verte l’opinione del relatore Armao sono: mettere le persone e i loro diritti al centro della trasformazione digitale; sostenere la solidarietà e l’inclusione; garantire la libertà di scelta online; promuovere la partecipazione allo spazio pubblico digitale; aumentare la sicurezza, la protezione e l’empowerment degli individui; promuovere la sostenibilità del futuro digitale.
Fino ad oggi il divario digitale non è mai stato formalmente riconosciuto come una minaccia alla coesione dell’UE. E’ basilare invece operare per colmare questo gap, mettendo in atto azioni che evidenzino il ruolo essenziale della tecnologia nella vita di tutti: trasporti, amministrazione, innovazione, ambiente. Senza dimenticare le specificità delle isole, delle aree depresse e di quelle rurali: la transizione digitale è essenziale anche per loro, e bisogna assicurarsi che nessuno venga lasciato indietro.
Precise e coerenti le motivazioni a sostegno dell’opinione sulla Coesione digitale, preparata da Armao con il supporto dell’esperta Carmen Ciciriello, già consulente della Commissione europea e Ceo di Celeris Group. La relazione mette in evidenza come, nonostante gli investimenti nelle politiche di coesione, il divario digitale continui a crescere e a causare una rilevante diseguaglianza e disparità tra chi è in grado di accedere e utilizzare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e chi, per lacune proprie o territoriali, non riesce a beneficiare dei servizi digitali basati su internet e delle opportunità che questi veicolano. “Una maggiore comprensione dei fattori che hanno contribuito all’aumento del digital divide in specifiche aree, anche a fronte di significativi investimenti, si rende necessaria. Questa dovrebbe consentire un monitoraggio a livello locale e deve mirare ad azioni ‘su misura’ sulla base del contesto territoriale, socio-economico, e amministrativo” dichiara l’esperta Ciciriello.
Il documento sulla Coesione digitale delinea le macro aree di debolezza della trasformazione digitale nell’UE. In primis, viene sottolineato lo scollamento di molte aree rurali rispetto a quelle urbane in termini di connettività e infrastrutture digitali. Le zone rurali, oltre a presentare una bassa competenza informatica di base, mancano anche di reti (NGA) ad alta velocità di trasmissione dei dati. Il divario tra aree urbane e rurali emerge anche in termini di accesso ai servizi pubblici digitali: nonostante l’accelerazione della digitalizzazione degli anni di pandemia 2019-2021, il gap è addirittura aumentato. Per poter sfruttare appieno il potenziale delle nuove tecnologie, emerge pertanto l’urgenza di favorire un cambiamento culturale partendo dalla pubblica amministrazione nelle zone dove il divario si sta allargando. Cambiamento che sarà ancora più repentino ed efficace se supportato dalle competenze digitali di cittadini, motivati ad offrire un personale valore aggiunto alle loro comunità. E’ questo il caso, ad esempio, del contributo di un diciannovenne abitante in un comune di settemila persone in provincia di Enna che, in piena pandemia, ha dato vita ad un’iniziativa di monitoraggio civico per seguire l’andamento del coronavirus nel suo comune, Regalbuto. Con il supporto di OpenData Sicilia (un gruppo di attivisti che si propone di far conoscere e diffondere la cultura dell’open government e le prassi dell’open data), InformaCovid Sicilia è diventato in poco tempo un utile vademecum condiviso da oltre trenta comuni insulari.
Data la complessità nell’implementare efficienti servizi di eGovernment a disposizione di cittadini e imprese, risulta notevole lo sforzo della Regione Sicilia nell’investire nell’infrastruttura digitale per garantire loro l’accesso on line a servizi di loro interesse, riducendo la necessità di recarsi presso gli uffici pubblici e incoraggiando l’attuazione dell’amministrazione aperta e il riutilizzo dei dati.
In linea di principio, l’interoperabilità dei sistemi informatici regionali e locali con quelli nazionali dovrebbe essere un prerequisito per qualsiasi iniziativa digitale. Anche la maggiore disponibilità di dati pubblici aperti e il riutilizzo delle informazioni del settore pubblico dovrebbe essere considerato un diritto digitale dei cittadini europei.
E’ auspicabile che la trasformazione digitale che l’UE si prefigge di raggiungere entro il 2030 arrivi anche a questo traguardo.
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