Family Computer nasce come tributo e sincero omaggio alle atmosfere e suoni caratteristici dell’elettropop anni ’80.
L’introduzione è dichiaratamente ispirata al sound design utilizzato, ad esempio, in Stranger Things, mentre la scelta dei campionamenti e sintetizzatori è un autentico viaggio tra videogames Nintendo/Atari, arpeggiatori monofonici ed impiego di software per la sintesi vocale normalmente utilizzati in Giappone per le “idol band” : una voce femminile nata dal computer che viene doppiata da una voce maschile, umana ma filtrata con il leggendario vocoder, compagno di avventure da Moroder a Daft Punk.
Family Computer ha un testo minimale che prende in esame due realtà estremamente controverse. Il concetto di famiglia è notoriamente in fase di ridefinizione, mentre il significato di computer è ormai sostituito da “app”, “tablet” o più generalmente associato ad un dispositivo mobile. Il termine “computer”, paradossalmente, è il nuovo vintage, perché nel mondo della robotica, già esasperato proprio negli anni ’80 come nuova frontiera da esplorare, abbiamo tutti il desiderio di vivere con esseri artificiali, i quali saranno umani, gentili, sociali, tanto da giungere al traguardo di rivolgersi a noi con un semplice ma ben studiato approccio di cortesia: “Please”.