Marty è un timido studente delle scuole medie che vive nel suo mondo fatto di fumetti ( che scrive anche) timidezza, bulli che lo vessano e film horror che attinge dalla videoteca oppure dalla fornitissima collezione del fratello.
Un brutto giorno, curiosando tra le cose del fratello scopre una testa in una borsa per le palle del bowling.
Suo fratello è un serial killer.
Che fare? Sfruttarlo per avere la meglio sul bullo che gli rovina la vita oppure temere per la propria incolumità o per quella dei genitori?
E se lui venisse a sapere che Marty ha scoperto tutto?
Found, ( non so se è una cosa che succede solo a me ma quanto mi inquieta quel punto che c’è nel titolo originale, che sembra lasciato lì per caso e invece rappresenta solo l’inizio del perturbante che caratterizzerà tutto il film) è tratto dal romanzo omonimo di Todd Rigney del 2004 ed è sceneggiato dallo stesso regista , il semiesordiente Scott Schirmer che il film lo ha anche montato e prodotto con un budget non esattamente milionario, si parla di 8000 dollari ( leggansi ottomila).
Il giovane Scott si è formato all’Università dell’Indiana dove ha studiato cinema, videoproduzione e sceneggiatura ed è stato talmente brillante negli studi da aver ricevuto premi e finanziamenti per girare i suoi primi corti.
Quindi parliamo di un giovane, praticamente all’esordio ma non di un carneade qualsiasi.
La cosa che colpisce infatti di Found. è la sua estrema maturità nell’utilizzo del mezzo espressivo.
In un solo film , in meno di 100 minuti si viene letteralmente investiti da tematiche importanti ( le prime che balzano all’occhio sono la declinazione del tema dell’amore fraterno tra il dodicenne Marty e il fratello Steve, ma si parla anche di un ragazzino che sta entrando nella fase decisiva della sua crescita, l’adolescenza in un modo che definire confuso e contraddittorio è assolutamente riduttivo e sappiamo bene quanto il tema del coming of age sia molto apprezzato e trattato nel cinema
indipendente americano e poi è impossibile non citare il tema del bullismo nelle scuole) incastonate in una narrazione organica, non rapsodica come ci si attenderebbe, ma assolutamente funzionale nell’immergere lo spettatore in un’atmosfera paludosa, appiccicaticcia, fastidiosa quasi in cui si è inesorabilmente indirizzati verso l’immedesimazione in un personaggio, quello di Marty, di cui nessuno vorrebbe mai indossare i panni.
Schirmer descrive la pigra e oserei dire quasi immobile provincia americana, praticamente una natura morta, con cognizione di causa, in fondo sta descrivendo casa sua e non stupirebbe che abbia preso spunto da personaggi reali.
Sicuramente parla di serial killer con un taglio socio antropologico che non avevo mai rintracciato in alcun film precedente, il tutto mediato, ma forse è meglio dire intriso, dei classici stereotipi che descrivono al meglio la vita di un paesino qualunque dell’Indiana, quelli in cui non sembra succedere mai nulla.
Giusto per non farci mancare nulla, Schirmer osa anche sotto il profilo della metacinematografia, inserendo cospicue sequenze di un film all’epoca inesistente ( un fake girato per l’occasione) ma che poi, data la risonanza di Found., ha goduto di ampliamento e riscrittura arrivando a essere un film vero e proprio che si intitola Headless ( di cui abbiamo parlato qualche mese fa qui ). un film che ossessiona talmente Steve, il fratello serial killer, che lo incita all’emulazione di atti veramente ineffabili.
Praticamente una manna dal cielo per tutti i munus habentes che dicono che i film horror ( ma mettiamoci anche la musica metal , la musica del demonio per antonomasia) possano provocare fatti di sangue deviando le menti di giovani virgulti.
Dimenticando di dire che il giovane virgulto di cui sopra deve essere già predisposto di suo con una mente già sufficientemente deviata verso la psicopatologia conclamata.
Ma alla fine chi è Steve per Marty?
Ed è questa la domanda che fa tremare i polsi durante la visione perché all’inizio Steve è una specie di eroe, un segreto da custodire gelosamente ma anche un ottimo rimedio contro le angherie del più bullo della scuola, uno che ti fa sentire quasi il fratello di Superman per il delirio di onnipotenza che lo caratterizza.
Agli occhi di Marty Steve può tutto e chi si frappone sulla sua strada ha il destino segnato: quello di avere la testa staccata dal corpo e conservata in una borsa per palle da bowling.
Ma proseguendo nel film questa percezione è destinata a cambiare.
Non stupisce più di tanto neanche il finale con il crollo definitivo di quell’istituzione familiare che sembrava essere una pietra angolare praticamente inscalfibile.
Found. è un film che inquieta e pone delle domande a cui è difficilissimo rispondere.
Un horror che segue le dinamiche del thriller psicologico e che si snoda come un dramma familiare.
Perché in fondo quello di Steve è un fottutissimo dramma familiare da cui è impossibile uscire indenni.
PERCHE’ SI : ambientazione estremamente credibile, ottima recitazione dei protagonisti, film che inquieta e pone domande a cui è molto difficile rispondere.
PERCHE’ NO : ritmo lento che però descrive alla perfezione la vita rarefatta di provincia, si vede che è un film girato in totale economia ma assolutamente non è sciatto o non curato formalmente, finale che scatenerà l’indignazione di qualcuno.
LA SEQUENZA : Marty trova la testa del bullo della scuola in una borsa per palle da bowling in camera del fratello.
DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :
Era da Cronenberg e dal suo Inseparabili che non vedevo trattato in maniera così intensa e brillante il tema dell’amore fraterno.
La provincia americana è sempre gravida di mostri.
Il cinema indipendente a stelle e strisce è una fucina di talenti.
Che cosa avrei fatto io avendo un fratello serial killer?
( VOTO :7,5 / 10 )