L’ennesimo femminicidio accaduto a Roma lo scorso venerdì è già il terzo ad appena 13 giorni dall’inizio dell’anno, e si aggiunge ai 120 del 2022, gli ultimi di una insopportabile infinita catena: una donna ogni tre giorni viene uccisa, e nel 58% dei casi, dato Istat, si tratta di delitti da parte di mariti, fidanzati o ex, come nel caso di Martina Scialdone, uccisa a Roma all’uscita di un ristorante. Questa è stata la risposta a una strada civile per chiudere una relazione.
Evidentemente nell’ambito di questa cultura una strada civile contro la violenza patriarcale non c’è. Lo dice chiaramente l’indagine di amlet_a, associazione nata per denunciare con dati e numeri alla mano molestie e abusi nel settore dello spettacolo, discriminazioni, stereotipi, sessismo, gender pay gap. amlet_a ha fatto sapere nel corso della conferenza stampa tenutasi due giorni fa (lunedì 16 gennaio) nella sede di Stampa Estera a Roma, voluta con Differenza Donna, che «gli abusi denunciati spontaneamente sono stati 223».
Si associa a questa denuncia la Rete Nazionale per la Parità di Genere nelle Arti Performative che riunisce associazioni teatrali d’Italia dirette da donne che da oltre dieci anni sono attive con iniziative contro la plateale disparità di genere in teatro (dall’affidamento dei ruoli apicali nella direzione dei teatri, dei ruoli di responsabilità nel nostro settore, della distribuzione dei fondi pubblici e degli spazi adeguati a dare visibilità al lavoro delle donne). Emarginazione, ghettizzazione, isolamento, penalizzazione, gap: sono i presupposti di una cultura che ancora ritiene le donne oggetto di proprietà, sulle quali esercitare possesso, determinare il posto nel mondo e, appunto, diritto di vita e di morte.
Una violenza che è ancor più palese dove il patriarcato è spinto all’estremo senza i limiti delle democrazie occidentali: è sotto i nostri occhi la deprivazione totale a cui sono sottoposte le donne afghane e iraniane. Con la loro sofferenza, la loro vita, esse sono la goccia incessante sul tentativo di rimozione.
Ecco perché una strada civile, in questa cultura, non c’è. C’è invece nella nuova cultura che le donne stanno generando giorno per giorno in ambito sociale attraverso la cura nei Centri Anti Violenza e nelle Case Rifugio, nella generazione di autonomia attraverso il lavoro nelle cooperative artigiane che nascono, nella funzione legale, proprio come quella che esercitava Martina Scialdone, per la difesa delle donne.
Lo dimostra il lavoro di 10 fra le nostre associazioni che, ciascuna nella propria regione di pertinenza, hanno lanciato su tutto il territorio nazionale il Progetto Futura, attraverso cui registe, formatrici, direttrici artistiche, attrici promuovono in modo capillare laboratori teatrali e spettacoli contro la violenza sulle donne nelle scuole di diverso ordine e grado. La Rete Nazionale per la Parità di Genere nelle Arti Performative, perciò, si aspetta che l’amministrazione pubblica si dimostri solerte nel finanziare al più presto progetti come questo, a cui l’attualità ci chiama con urgenza.
La Rete Nazionale per la Parità di Genere nelle Arti Performative lavora perché cambino le leggi mentre costruisce spazi condivisi, per prendersi la scena in senso letterale e simbolico, dimostrando come qualità e creatività nel lavoro artistico vadano di pari passo con una cultura di cura e condivisione: la sola risposta civile.