PANDEMONIUM, di Quarxx

Dici Quarxx e dici… non so, non l’ho ben inquadrato, anche perché ha fatto davvero troppo poco per avere un’idea precisa su di lui – sempre che io debba averne una. Certo è che non deve essere una persona comune, oppure la strana e innaturale calma che trasmette durante le interviste è dovuta proprio a questi film che realizza.

D’altronde, credo che in una pellicola come All the gods in the sky ci sia un’occhio sulla condizione umana ben più consapevole del previsto, pertanto aspettarlo all’opera seconda era quasi d’obbligo dopo i fasti del suo esordio.

Si è fatto attendere, il nostro. Cinque anni, per la precisione. Nel mezzo qualche corto, ma quasi nessuna notizia su un suo vero ritorno dietro la macchina da presa. Poi… così, de botto, senza senso, vengo a scoprire che c’è questo suo film nel limbo dei cinefili internauti, che aveva fatto il solito giro dei Festival ma che all’infuori di quello sembrano aver visto sua madre e pochi altri. Davvero, qualcuno ne aveva sentito parlare?

Ovviamente stiamo fuori come carambole anche qui, e non ci aspettavamo nulla di diverso, ma siamo usciti dalla visione di questo film abbastanza straniti. Non che ci aspettassimo di meno, ma nemmeno quello che abbiamo visto, e siccome le certezze esistono solo nella mente dei cretini (e con un’affermazione simile mi sono implicitamente dato dell’idiota) rimaniamo con l’opzione del dubbio fino alla fine, ma con a consapevolezza che forse a questo giro il nostro l’ha leggermente fatta fuori dal vaso.

Iniziare troppo bene non conviene mai perché dopo è difficile abituare a certi standard (ciao Lelly Kelly), e se Quarxx fa sicuramente un passo in avanti su certe cose, allo stesso tempo ne compie tre indietro per altre, realizzando un’operazione similare ma al contempo opposta al proprio esordio.

Se le sue cronache marziane si concentravano sui drammi interiori di un vero outsider, riuscendo a creare empatia con un individuo fuori dalla grazia di Odino, qui cerca di realizzare un commento che riguardi l’umanità tutta. E se prima trovava una versione di amore in grado di destabilizzare e disturbare la comune morale, adesso prova a dirci semplicemente che non c’è speranza per nessuno, che l’umanità è condannata qualunque cosa faccia e tanti saluti ai pescatori, di anime o di pesci.

Vi va bene un simile approccio? Ok, il film è servito. Volevate qualcosa di più? Ecco…

C’è sicuramente un aspetto del lungometraggio che mi sarà sfuggito, ma la realtà è che Pandemonium sa essere veramente discontinuo.

Inizia con un prologo all’insegna del “lo dimo ma non lo famo”, dove questi due personaggi devono spiegarti ogni singola cosa avvenga sullo schermo (e vi assicuro, è irritantissimo da vedere e sentire) per proseguire con un secondo segmento di rara bellezza, dove viene realizzata una parabola del male assoluto tra le più sinistre mai viste, gestita interamente sulle metafore e su soluzioni visive e narrative che lasciano a bocca aperta da quanto sanno essere grottesche e atipiche. Prosegue poi con una terza parte più “normale”, ma comunque destabilizzante per la crudezza dei sentimenti espressi… peccato che siano solo momenti a sé in un intero marasma umano a disposizione dell’averno in cui il protagonista (?) si troverà.

Al netto della bellezza delle singole parti, per quale motivo Quarxx ha voluto farmi vedere quei due stralci di vite interrotte? Perché poi dilungarsi sugli oscuri segreti di quell’anima errante senza che, per ovvie problematiche di minutaggio, mi sia offerta la possibilità di analizzarle e svilupparle meglio?

Il film risulta un esperimento sicuramente interessante, ma per quanto formalmente (semi) ineccepibile, a esclusione di quell’incipit davvero discutibile, a fine visione lascia un senso di insoluto, di un messaggio fin troppo chiaro che non necessitava di eccessivi arzigogoli per restituire davvero la desolazione umana desiderata. Al massimo, riesce a ricreare quella di uno sparuto gruppo, il quale però parla (benissimo) per sé e non riesce a farsi vero portavoce di un messaggio apocalittico soddisfacente che ci riguardi tutti – e concludere un momento di tensione massima con “Adesso ti meno” era qualcosa che mi sarei risparmiato volentieri.

Eppure le singole parti, prese separatamente, mi sono piaciute moltissimo. C’è un uso del montaggio e della fotografia su pellicola che da solo si mancia molte cose molto più blasonate viste di recente, eppure da solo non basta, specie quando ci si fa portavoce di messaggi così grandi e implicitamente complessi.
Ottimo l’impegno e la messa in scena, ma a questo giro l’Anticristo può dormire sogni tranquilli.

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