Carlos Fuente è uno dei più rappresentativi scrittori di questo secolo. A 16 anni arrivò in Messico, e da subito iniziò a lavorare come giornalista, collaborando con la rivista “Hoy” vincendo il primo premio del concorso letterario del Colegio Francés Morelos. Sono del 1959 i suoi primi racconti intitolati Los días enmascarados (I giorni mascherati). Nello stesso periodo, dirige a fianco di Emmanuel Carballo la Revista Mexicana de Literatura e El Espectador con Víctor Flores Olea ed Enrique González Pedrero.
Del grande scrittore è da ricordare il bellissimo romanzo La región más transparente nel quale racconta il Messico degli anni quaranta e cinquanta, cosa che tornerà a fare negli anni ottanta e novanta con il romanzo Cristóbal Nonato.
Durante gli anni sessanta vive aCittà del Messico, Londra, Venezia, Parigi. Nel 1962 scrive un romanzo breve intitolato Aura. Negli anni settanta lavora presso il Woodrow Wilson Institute di Washington. Nel 1984 riceve il Premio Nazionale delle Scienze. Nel 1987 il Premio Cervantes. Nel 2008 il Premio Internacional don Quijote de la Mancha. Nel 2009 la Gran Cruz de la Orden de Isabel la Católica.
Carlos Fuente è morto ieri all’età di 83 anni.
Di seguito un estratto dal libro In questo credo io
Le idee non si realizzano mai completamente. A volte si ritraggono, vanno in letargo come alcuni animali, aspettano il momento opportuno per riapparire. Il pensiero non muore. Misura il suo tempo. L’idea che prima sembrava morta adesso riappare. Lo spirito non muore. Si sposta. Si duplica. A volte supplisce e perfino supplica. Scompare, lo crediamo morto. Riappare. In realtà, lo spirito si annuncia in ogni parola che pronunciamo. Non c’è parola che non sia carica di ricordi e dimenticanze, venata di illusioni e fallimenti. Eppure, non c’è parola che non vinca la morte perché non c’è parola che non sia portatrice di un rinnovamento imminente. La parola lotta contro la morte perché è inseparabile da essa, la nasconde, la annuncia, la eredita… Non c’è parola che non sia portatrice di un’imminente risurrezione. Ogni parola che pronunciamo ne annuncia al contempo un’altra che non conosciamo perché l’abbiamo dimenticata e un’altra ancora che non conosciamo perché è ancora un desiderio. Lo stesso accade con i corpi, che sono materia. La materia contiene l’aura di quello che è stato prima e l’aura di quello che sarà dopo la sua scomparsa. Ecco perché viviamo un’epoca che è la nostra, ma siamo lo spettro di un’epoca passata e l’annuncio di un’epoca a venire. Non separiamoci da queste promesse della morte.