Il gruppo di ‘esperti’ della Commissione sugli stati vegetativi istituita dal ministero della Salute nell’ottobre 2008 in pieno caso Englaro, mette i paletti: lo stato vegetativo non puó essere, alla luce delle evidenze scientifiche (le personali esperienze dei membri), definito permanente o persistente; non è infatti possibile per la commissione di esperti presieduta dal sottosegretario Eugenia Roccella (laureata in letteratura e ex editorialista del quotidiano dei vescovi cattolici italiani), parlare in assoluto di irreversibilità della condizione, ma quando chi è in stato vegetativo è clinicamente stabilizzato la persona deve essere considerata con “gravissima disabilità”. E i dati confermano: tra il 50 e il 75% dei pazienti in stato vegetativo post-traumatico recuperano le attività di coscienza, e per due terzi di loro si arriva ad un buon recupero funzionale o a una disabilità moderata. Sono questi alcuni dei punti fondamentali che si leggono nel documento finale del gruppo di lavoro composto dal professor Gianluigi Gigli, Antonio Carolei, Paolo Maria Rossini e Rachele Zylberman, che ha elaborato un “documento aggiornato circa la definizione di stato vegetativo e stato di minima coscienza”.
Il Gruppo di lavoro, si legge infatti nel documento, “raccomanda che lo stato vegetativo sia diagnosticato senza connotarlo con gli aggettivi di persistente o permanente, ma indicando – insieme alla sua presenza in una data persona – la causa che lo ha determinato e la sua durata in settimane o mesi”. Questo perchè “anche sulla base della esperienza personale dei membri del gruppo di lavoro, si puó affermare che tra il 50 e il 75% dei pazienti in stato vegetativo post-traumatico recuperano le attività di coscienza e per due terzi di essi si tratta di un buon recupero funzionale o di una disabilità moderata”. Secondo i dati anche la sopravvivenza è migliorata e supera i 5 anni.
“Benché non sia possibile parlare in assoluto di irreversibilità della condizione – si sottolinea nel il documento – quando la persona in stato vegetativo raggiunge la stabilità clinica ed entra in una fase di cronicità, essa deve essere considerata persona con ‘gravissima’ disabilità”. E “la stessa condizione di disabilità gravissima si realizza nei pazienti in stato di minima coscienza”.
In questi casi secondo gli esperti scelti dall’ex editorialista vaticana, come in altri casi di gravissime patologie croniche, la persona preferibilmente puó essere “accolta a domicilio o, quando ció risulta impossibile, puó essere trasferita in strutture a carattere non prettamente sanitario”. Ma al di fuori delle strutture sanitarie è comunque necessario – avvertono gli esperti – garantire “indispensabili strumenti sanitari e sociali di supporto alla persona e alla famiglia, dovendo essere garantiti gli interventi sanitari necessari per le cure ordinarie, per la prevenzione delle complicanze e per il mantenimento dei livelli di stabilizzazione raggiunti, oltre ad assicurare la facilità di accesso alle strutture sanitarie per acuti, in caso di bisogno”.
Nel quinquennio 2002-2006 sono stati dimessi 5344 pazienti con diagnosi di stato vegetativo persistente, secondo le schede di dimissione ospedaliera, ma i dati ottenuti secondo la commissione sono sottostimati.
Gli “esperti” della Roccella: non esiste stato vegetativo persistente, ma solo “grave disabilità”
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