In questi ultimi mesi avevo tentato più volte di contattare Chavela Vargas per un’intervista. Volevo incontrarla, volare fino in Messico e farmi rapire dalla sua storia, dalla sua voce. Non ci sono riuscito. E’ un vuoto immenso quello che mi lascia.
Oggi sicuramente tutti inizieranno a parlare e scrivere del percorso musicale di Chavela Vargas, dei suoi problemi di alcolismo, delle storie lesbiche e delle sue incursioni nel mondo cinematografico.
Si parlerà dell’ultima grande sciamana, ora che è morta, e tutti saranno tristi, come sempre accade in queste occasioni.
Mi ricordo quando nel 2006, a ottantasette anni suonati, piena di energia, Chavela Vargas cantò al Pride di Madrid, Luz de Luna e fu una grandissima emozione. Chavela, diceva ai suoi amici, che avrebbe voluto morire di lunedi per non rovinare il fine settimana a nessuno. È morta ieri, di domenica.
Chavela è stata realmente una sciamana, perché la sua presenza sul palco era qualcosa di così vibrante e mistico, che era impossibile rimanere indifferente. Fu Almodovar, a regalare a Chavela, una “seconda vita” e lei tornò, più grande che mai, con la sua voce roca, stanca, magicamente fuori tempo e provata… l’alchimia del sentimento che prevalica la tecnica, con i lamenti e le grida del cuore che invadono con immensa passione le sue interpretazioni…
La prima volta che ascoltai Chavela mi innamorai della sua voce, e non riuscivo mai a capire se ero prigioniero o se in realtà erano gli unici attimi di vera libertà… una libertà profonda come solo la consapevolezza di una vita vissuta in tutte le sconfitte e le vittorie può donare…
Addio Chavela e grazie, grazie…