Ieri sera al teatro Lauro Rossi a Macerata il maestro Passarella, insieme ad un numeroso cast di artisti ha dato vita ad uno spettacolo molto intenso, peccato per la parte recitata, perché gli attori non erano all’altezza; ma andiamo alla musica.
Le luci nel bellissimo teatro Rossi, si spengono, il sipario si apre ed il primo pezzo arriva come un fantasma che si muove fluttuando tra il pubblico, poi la musica si avvolge come carezza velluta di una notte cubana, sui versi di Neruda.
E’ amore che devasta, che lascia inermi, che fa cantare il giorno. Il bandoneón suonato dai bravissimi musicisti sembra respirare di propria vita… poi fa la sua comparsa il maestro Passarella e poterlo ascoltare, vederlo, su quel palco è come perdersi nell’ancestrale memoria di un tempo che oramai si sta spegnendo. Passarella è un uomo arrivato da un’altra epoca, decisamente una “luce” nella cultura omologata del nostro tempo. Un uomo con un’energia, una forza ed una passione, capaci di “trasformare” la musica, che da insieme ordinato di note, muta in mistico caos primordiale, così incredibile che è possibile sentire pulsare ogni singolo istante della creazione nell’Universo. E’ potenza che scorre come fiume in piena. Impossibile non essere travolti. Impossibile non lasciarsi trascinare dalla corrente.
Sotto il cielo della luna a volte capita di sentirsi sfiniti nell’ascoltare un verso o una composizione. A volte capita che visioni e suoni onirici popolino lo spazio che stiamo vivendo… e così tra un “sobborgo” e l’altro i tangheri danzano al ritmo del tango, mentre la voce molta bella, della giovanissima Sarita Schena accompagna nell’incontro tra ciò che è passato e ciò che è presente… ed ecco che il figlio, prosegue il mestiere del padre… Forse è questa la vera immortalità, l’unico modo per poter accarezzare l’eternità.
Roberto Passarella, figlio del maestro, è un compositore ed un suonatore di bandoneón veramente molto dotato.
Passerella ha il raro dono di far penetrare la musica dentro l’anima dell’ascoltatore e fa male, perché ti costringe a guardare le ferite dell’anima, quelle ferite che non riescono mai a rimarginare, ma forse è meglio così, perché, sono testimoni di battaglie che troppe volte vengono abbandonate con il passare del tempo…