Sfatato il mito secondo il quale gli immigrati sono coinvolti in forti processi di mobilita’ sociale: l’Italia non e’ l’America per loro. Prevalgono i percorsi di mobilita’ orizzontale (il 66,6% dei cambiamenti di lavoro non determina una modifica sostanziale della loro posizione sociale), solo nel 21,5% dei casi si verificano percorsi di mobilita’ ascendente e nell’11,9% il cambiamento porta addirittura a un peggioramento della propria condizione lavorativa. E’ quanto emerge dall’indagine svolta su un campione di circa 16 mila stranieri da Ismu, Censis e Iprs per il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. I fenomeni di dequalificazione professionale e mobilita’ discendente risaltano ancora di piu’ se si considera che il 59,8% degli stranieri che lavorano in Italia aveva gia’ una occupazione nel Paese di origine. Le carriere lavorative degli immigrati sono piuttosto semplici, composte da una sola esperienza di lavoro (nel 33% dei casi) o al massimo due (40,4%), il 19,2% dichiara di aver cambiato tre impieghi e soltanto il 7,4% quattro o piu’ occupazioni. Generalmente le loro esperienze di lavoro si concludono a seguito del presentarsi di un’offerta piu’ vantaggiosa (39,9%), per il mancato rinnovo di un contratto a tempo determinato (17%), a causa di un licenziamento (16%) o a seguito della chiusura dell’azienda presso la quale sono impiegati (4,6%). L’indagine evidenzia una prevalenza dei canali informali di accesso al mercato del lavoro, tra i quali al primo posto si trova il passaparola, attraverso il quale il 73,3% dei lavoratori stranieri dichiara di aver trovato l’impiego attuale (e la percentuale sale tra quanti svolgono lavori poco qualificati o di cura e assistenza alle persone).
Seguono gli intermediari privati e le agenzie di lavoro interinale (9%), le parrocchie (6,1%) e i sindacati (2,9%).
Sono poco efficaci le inserzioni sui giornali o su Internet, attraverso le quali ha trovato lavoro solo il 2,9% degli immigrati, ma anche i Centri per l’impiego (1,9%). Questi rappresentano pero’ un presidio territoriale dove il 30% degli immigrati si reca per cercare informazioni, compiere adempimenti burocratici, usufruire dei servizi offerti. Il requisito fondamentale per raggiungere la piena integrazione degli stranieri e’ la conoscenza della nostra lingua, acquisita dalla maggior parte dei lavoratori immigrati. Il 42,8% ne ha una conoscenza sufficiente, il 33,1% buona, l’8,9% ottima, mentre il livello di apprendimento e’ ancora insufficiente solo per una minoranza pari al 15,1%.
fonte aduc