La Repubblica Centrafricana ha molte risorse minerarie e per decenni ha accettato di essere difesa e rappresentata dalla Francia. In questi giorni i manifestanti hanno rotto le finestre a sassate e strappato la bandiera del palazzo dell’ambasciata francese nella capitale. Francois Hollande, il presidente francese, per fare evacuare l’ambasciata. L’ONU sta evacuando il personale di supporto e le famiglie di tutti i suoi collaboratori dalla Repubblica Centrafricana per paura di un’ulteriore peggioramento della situazione. I ribelli della coalizione Seleka sono giunti nella capitale chiedendo la resa delle forze governative. Gli Stati Uniti hanno esortato tutti i suoi cittadini a lasciare il territorio della Repubblica Centrafricana, che di fatto è ad un passo dalla guerra civile. I ribelli di Seleka accusano Bozize, il presidente della Repubblica Centrafricana, di non aver onorato l’accordo del 2007, in base al quale si era stabilito che sarebbero stati pagati i salari ai combattenti che avevano deposto le armi. Il paese è sull’orlo della guerra civile.
La storia della Repubblica Centrafricana è sempre stata costellata di lotte e guerre.
Nel 1956 fu indetto un referendum costituzionale Francese che portò all’approvazione della nuova Costituzione, che entrò in vigore nel 1958 e sciolse l’Africa Equatoriale Francese facendo nascere la Comunità francese. Il 1º dicembre del 1958 l’Assemblea centrafricana dichiarò la nascita della Repubblica Centrafricana all’interno della Comunità, con Boganda capo del governo. Il governo di Boganda durò fino alla sua morte avvenuta in un misterioso incidente aereo nel marzo 1959. Suo cugino, David Dacko, lo rimpiazzò e condusse la Repubblica Centrafricana alla completa indipendenza con la dichiarazione del 13 agosto 1960.
Dopo un violento scontro di potere col rivale Abel Goumba, risoltosi con l’arresto di quest’ultimo, David Dacko impose un regime monopartitico nel 1962 e governò il Paese fino al 1965, con mano pesante e mettendone in ginocchio l’economia. Il 31 dicembre 1965, il regime di Dacko venne rovesciato da un colpo di stato condotto dal colonnello Jean-Bédel Bokassa, che sospese subito la costituzione e sciolse il parlamento. Il nuovo uomo forte non portò miglioramenti alla situazione del paese, anzi si produsse in una politica fortemente repressiva e autocelebrativa che lo portarono ad autodichiararsi presidente a vita nel 1972 e imperatore del risorto Impero Centrafricano nel 1976 col nome di Bokassa I.
Aiutato economicamente dalla Francia che mirava a mantenere saldi i suoi interessi economici nella regione (le riserve di caccia grossa ai confini col Sudan e le miniere di Uranio a Bakouma), Bokassa portò il paese sull’orlo del disastro economico, a causa dello sperpero di denaro, speso in progetti in gran parte miranti ad aumentare il proprio prestigio personale. Solo per l’incoronazione ad imperatore avvenuta il 4 dicembre 1976, e snobbata da quasi tutto il mondo, Bokassa spese quasi 20 milioni di dollari. La fine di Bokassa arrivò nel 1979, quando i francesi, approfittando di un suo viaggio in Libia, restaurarono la presidenza Dacko, con un altro colpo di stato. A sua volta, Dacko venne esautorato da un ennesimo colpo di stato dal Generale André Kolingba il 1 settembre del 1981. Kolingba sospese tutte le garanzie costituzionali e diede vita ad una giunta militare che governò il paese col pugno di ferro fino al 1985.
Nel 1986 Kolingba introdusse una nuova costituzione, approvata con un referendum plebiscitario nello stesso anno, fondò un nuovo partito (Rassemblement Démocratique Centrafricain) di cui divenne leader e indisse elezioni parlamentari nel 1987 e municipali nel 1988. Tuttavia, la credibilità di queste elezioni venne minata dall’esclusione dei due maggiori partiti di opposizione (guidati da Abel Goumba e da Ange-Félix Patassé), ai quali venne vietata la partecipazione alle consultazioni elettorali.
Dopo la caduta del muro di Berlino, nel 1990 un forte movimento democratico prese vita, portando alla richiesta di convocazione di una Conferenza Nazionale, fatta da 253 eminenti personalità del paese firmatari di una lettera aperta nel maggio del 1990. La richiesta venne rifiutata da Kolingba che fece, anzi, imprigionare parecchi dissidenti. Pressioni internazionali dagli USA, cautamente, dalla Francia e da un gruppo di rappresentanti di paesi e compagnie operanti localmente denominata GIBAFOR (composta da Francia, USA, Germania, Giappone, UE, Banca Mondiale e ONU), spinsero finalmente Kolingba ad accettare, nel principio, la convocazione di nuove libere elezioni nell’ottobre 1992, sotto il controllo dell’Agenzia dell’ONU preposta allo scopo.
Tuttavia, con la scusa di presunte irregolarità, Kolingba sospese il risultato delle elezioni e con questo pretesto riprese in mano il potere. Le pressioni del GIBAFOR, comunque, si fecero molto intense e lo portarono, infine ad accettare la nascita di un Consiglio Nazionale Politico Provvisorio della Repubblica (Conseil National Politique Provisoire de la République – CNPPR) e di una Commissione Elettorale Mista che includeva rappresentanti di tutte le formazioni politiche. Le elezioni si tennero, infine, nel 1993, sempre sotto controllo della comunità internazionale, e vide Ange-Félix Patassé primeggiare nella prima tornata delle presidenziali davanti ad Abel Goumba, David Dacko e lo stesso Kolingba. Al secondo turno, Patassé vinse col 52,5% contro il 45,6% dello sfidante Goumba.
La vittoria del partito di Patassé, il Movimento per la Liberazione del Popolo Centrafricano (Mouvement pour la Libération du Peuple Centrafricain – MLPC), non gli portò, tuttavia, la maggioranza assoluta e Patassé dovette cercare una coalizione per dar vita al governo. Patassé iniziò ben presto un’intensa opera di epurazione negli apparati statali centrafricani. Degradò ed espulse Kolingba dall’esercito, incriminò buona parte dei vecchi ministri, licenziò parecchi funzionari ministeriali di etnia Yakoma (fedele a Kolingba) e ancor più funzionari statali che ricoprivano incarichi importanti e lucrosi. Epurazioni colpirono pure la Guardia Presidenziale dove 200 militari vennero rispediti a casa o passati nelle file dell’esercito. Il partito di Kolingba, denunciò, per questo, la politica di Patassé come razzista nei confronti degli Yakoma.
La nuova Costituzione approvata il 28 dicembre 1994 e promulgata il 14 gennaio 1995, non servì a garantire le libertà politiche e civili. Tra il 1996 e il 1997, tre diverse rivolte popolari portarono alla luce la crescente diffidenza nei confronti del governo di Patassé, durante le quali il paese visse momenti di violenza e forti tensioni interetniche. Il 25 gennaio 1997, gli accordi di pace firmati a Bangui, portarono al dispiegamento di una forza di interposizione composta da forze militari di paesi africani, denominata Missione Interafricana di Sorveglianza degli Accordi di Bangui (Mission Interafricaine de Surveillance des Accords de Bangui – MISAB). Mediatore di tutta l’operazione fu l’ex Presidente del vicino Mali, Amadou Touré, che permise l’ingresso di ex-rivoltosi dentro il governo. La missione MISAB venne poi rilevata da una missione di pace ONU denominata Missione ONU nella RCA (Mission des Nations Unies en Republique Centrafricaine – MINURCA).
Le elezioni parlamentari del 1998, videro una forte espansione del partito dell’ex presidente Kolingba (RDC) che vinse 20 dei 109 seggi. Tuttavia, nel 1999, nonostante il forte malcontento delle popolazioni urbane avverse alla conduzione clientelare e corrotta del suo precedente governo, Patassé vinse ancora una volta le presidenziali, diventando presidente per un secondo mandato. Un infruttuoso colpo di stato venne tentato il 28 maggio 2001, quando ribelli occuparono le principali strutture strategiche della capitale. Il capo di stato maggiore Abel Abrou ed il Generale N’Djadder Bedaya furono assassinati, ma Patassé ebbe partita vinta sulle truppe ribelli, grazie all’aiuto di truppe guidate dal congolese Jean-Pierre Bemba e provenienti dalla vicina Repubblica Democratica del Congo e di truppe libiche. Al termine dei combattimenti, le truppe fedeli a Patassé si resero responsabili di una feroce campagna di vendetta che si risolse in una serie generalizzata di violenze contro la popolazione, con case bruciate, torture ed assassinii di vari oppositori. Il paese divenne, così, una sorta di terra di nessuno, in quanto l’esercito era ormai sgretolato e le truppe straniere come quelle ribelli razziavano e rapinavano la popolazione civile.
Patassé costrinse, poi, il generale François Bozizé a riparare in Ciad, in quanto sospettato di tramare un altro colpo di stato ai suoi danni. Il generale portò nel paese parecchie truppe fedeli e il 25 ottobre 2002, sferrò un primo attacco improvviso contro Patassé che seppe resistere e forzò Bozizé a riparare nel nord del paese. Il 15 marzo 2003, mentre Patassé si trovava all’estero il generale riuscì ad entrare nella capitale. I mercenari di Jean-Pierre Bemba non si opposero all’attacco e Bozizé prese il controllo del paese nelle sue mani esautorando Patassé. Patassé riparò in Togo, paese natale della moglie ufficiale.
Bozizé sospese la costituzione e nominò un nuovo gabinetto di governo in cui figuravano parecchi membri dei partiti di opposizione. Abel Goumba, chiamato Mr. Clean per la sua aura di incorruttibilità, venne nominato primo ministro, dando così un’immagine credibile al nuovo governo. Bozizé convocò quindi un Consiglio Nazionale di Transizione su una larga base rappresentativa che doveva portare alla scrittura di una nuova costituzione e annunciò che si sarebbe ritirato e candidato per regolari elezioni una volta approvata questa nuova costituzione. Una conferenza di riconciliazione si tenne dal 15 settembre al 27 ottobre 2003 e Bozizé vinse le elezioni del maggio 2005, ritenute valide dalla comunità internazionale, battendo l’ex primo ministro patassista Ziguelé.
A Patassé fu impedito con ogni mezzo di tornare nel paese. Fu infatti minacciato di morte, denunciato per crimini contro i diritti dell’uomo, e infine non si presentò alle elezioni. Viste le pressioni manipolatorie del Presidente e della rosa di ministri scelti, Goumba non poté restare a lungo in carica come primo ministro, e fu trasferito alla carica solo onorifica di vicepresidente, di fatto esautorando l’unico uomo politico trasparente del paese. Tra le iniziative di Goumba è interessante citare la denuncia dei redditi e dei beni obbligatoriamente pubblica dei ministri in carica.
Fonti: rus.ruvr.ru – Wikipedia