Si moltiplicano le adesioni all’appello degli editori, partito dal Salone del Libro di Torino, contro il disegno di legge 1425 in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali che, secondo i firmatari, non tocca solo i giornalisti e i giornali, ma l’editoria tutta. Stefano Mauri, presidente del Gruppo Gems e del gruppo editori varia dell’Aie, racconta, il giorno dopo la mancata firma di Mondadori all’appello: ”Sono arrivate le adesioni di Nottetempo, Zanichelli, Neri Pozza, Codice Edizioni, ma tutti gli editori vogliono firmare e lo potranno fare sul sito di Laterza. Mi aspetto che destra e sinistra, proprio perche’ c’e’ uno scontro in atto da 15 anni fra politica e magistratura, si rendano conto che e’ bene che i cittadini siano informati sulle iniziative dei magistrati e sulla fondatezza o meno delle smentite dei politici”. ”Questo disegno di legge, che dopo l’approvazione alla Camera sta per essere discusso al Senato – spiega Lorenzo Fazio, direttore editoriale di Chiarelettere – si aggancia ad un’altra legge, la 231, che regola i rapporti aziendali e costringe dirigenti, imprenditori e direttori a vigilare. Le multe per chi pubblica testi di intercettazioni su inchieste non ancora finite sono di massimo 465 mila euro. E’ una forma di censura molto furba”.
Ddl censura intercettazioni, cresce la protesta nel Paese
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